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Alla fine del decennio e all'inizio del successivo appartiene invece La bottega oscura, finora inedito in Italia, e ghiottamente riproposto da Quodlibet dopo la nuova versione di Un uomo che dorme (2009). Il libro è esattamente quello che dice il suo sottotitolo: 124 sogni, fatti e scritti da Perec tra il 1968 e il 1972. Quello dei rapporti fra letteratura e sogno è uno degli ambiti più infidi e pericolosi per il critico: Ferdinando Amigoni, dotto curatore di questa edizione italiana, ha scelto la via, rischiosa ma legittima, dell'approfondimento biografico, nonostante l'esergo di Perec ("Credevo di annotare i sogni che facevo: mi sono reso conto, assai presto, che sognavo solo per scrivere i miei sogni"). Il rischio è quello di costringere il fantasma dello scrittore a una Traumdeutung minuziosa, agiografica e forse un poco invadente, di cui si dà conto nel lungo apparato di note, smorzando un poco il carattere squisitamente letterario di questa "autobiografia notturna", di questa splendida resa dei conti con i propri fantasmi e le proprie ricchezze che Perec ha voluto cesellare nel minimo dettaglio: ogni sogno ha un titolo, ogni racconto ha un suo stile preciso; è lo sforzo della scrittura per dare un conto il più possibile esatto di quella che Roger Caillois chiamava, a ragione, "l'incertezza che viene dai sogni". Nella versione originale, le pagine del libro non sono numerate, e questo contribuisce a dare loro quel clima che sta a metà tra la fantasia e il racconto, a restituire quel senso di irresolutezza e di incanto che già aveva sperimentato Michel Leiris in Notti senza notte. Questo semplice espediente tipografico è sparito (ma perché?) dall'edizione italiana, così come è scomparsa (eccetto un blurb sulla quarta di copertina) la postfazione di Roger Bastide che, in Francia, accompagna il libro sin dalla prima edizione. È l'ultimo testo scritto in vita dal grande sociologo francese, e si chiude così: "Questa raccolta, della quale speriamo, commentandola, di non aver troppo attenuato la scintillante bellezza e la carica lirica", e sono parole sante. Siamo abbastanza lontani dai Casi clinici di Freud, e piuttosto vicini agli Esercizi di stile di Raymond Queneau, che del resto risponderà maliziosamente all'amico raccontando avvenimenti reali e trasformandoli in sogni con "un minime effort de rhétorique" (Des récits de rêves à foison, in Contes et Propos, Gallimard-Folio, 1981).
Luca Bianco
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