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Anno edizione: 2015
Anno edizione: 1983
Anno edizione: 2015
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Dal titolo della recensione si capisce quanto io sia affezionato a questo disco. È uno dei dischi della mia vita insieme a "blood on the tracks", "oh mercy", e un paio di colonne sonore di Morricone. È l'album con cui ho iniziato ad ascoltare un certo tipo di musica... Il suo fuoco nel mio cuore non si spegnerà mai.
Storicamente, in un periodo in cui la musica rock era davvero al centro dell’attenzione e nei cuori della gente, “Born to Run” rappresentò un’ancora di salvezza per un rock che i più vedevano affogato nella stantia ripetizione di formule ormai appiattite ed impantanato nelle sabbie mobili della pacchianeria. L’ascolto dell’album restituiva alla musica rock lo slancio, l’entusiasmo, la moderata irriverenza di quella che fu la primissima rivoluzione rock di metà anni ’50 a braccetto con la genuinità dell’r&b di matrice nera. Un album che stilisticamente non inventava nulla, ma miscelava in modalità ed equilibrio perfetto tutta la storia del più genuino rock dei decenni precedenti e lo esprimeva in forza di un livello compositivo miracoloso. Un album composto da 8 canzoni, 8 classici, 8 capolavori, 8 piccole suites del nuovo cantore dell’innocenza perduta, della fede che vacilla ma che crede in un sogno di redenzione, un sogno lontano da casa ma a portata di mano. Svetta la produzione che profuma fortissimamente di spezie Spectoriane, aggiornando il famoso “Wall of Sound” al nuovo rock trionfale di Bruce. E’ un album che tocca le corde emotive senza mai cadere nell’autoreferenzialità, un album che nasce e si sviluppa attorno al pianoforte e con largo uso del sax del compianto Clarence Clemmons, che contiene inni immortali come “Born to Run” o “Thunder Road”, gemme assolute come “Backstreets” o “Meeting Across the river”, brani che ti insegnano come un bianco dovrebbe assimilare (senza scimmiottare ) la lezione dei neri ovvero “Tenth Avenue Freeze-Out” e l’omaggio a Bo Diddley passando da Buddy Holly di “She’s the one”, l’epica “Night” ed in chiusura la teatralità miracolosa di “Jungleland” (forse ripresa un po’ troppo dall’amico/nemico Mark Knopfler di “Romeo and Juliet”).
Bruce va apprezzato live, dove è veramente inarrivabile, ma Born to run è un disco irrinunciabile. Qui abbiamo thunder road, backstreet, jungleland, l'epopea springsteeniana. Capolavoro
Recensioni
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