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Il libro è suddiviso in quattro capitoli, che corrispondono ad altrettante epoche della vita e dell'attività letteraria del Certaldese, nel corso dei quali si procede all'esame dell'intera opera boccacciana del periodo di riferimento sia dal punto di vista contenutistico, sia per quanto concerne le scelte espressive adottate (linguistiche, stilistiche, metriche, morfosintattiche, lessicali, simboliche, retoriche, narratologiche, ma anche ideologiche e teoretiche), sia, infine, con riferimento all'efficacia narrativa, cioé alla capacità dell'autore trecentesco di far corrispondere il messaggio e il significato complessivo della propria produzione artistica con le finalità dichiarate della stessa. Inoltre il professor Surdich correda sempre la lettura analitica del testo con un congruente apparato critico e filologico e con un'illustrazione ragionata delle fonti, degli antecedenti letterari, delle convenzioni e dei codici adottati dal Boccaccio, inquadrando le sue argomentazioni entro opportune cornici di riferimenti storici e biografici ed offrendo in tal modo al lettore gli stumenti per una comprensione non superficiale delle tematiche affrontate. Perché "solo" 4 stelle, allora? Presto detto: innanzitutto perché Surdich non si sottrae dal vezzo, tipico dell'accamedia italiana, di utilizzare una periodizzazione ed un lessico da 'iniziati', di assai difficile comprensione per un pubblico di 'profani'; secondariamente perché talvolta scade in errori e mancanze che mal si conciliano con il tono 'alto' del suo lavoro: secondo me si dice ecloghe e non ecloge (pag. 34); l'apposizione del genitivo sassone in «Canterbury Tales» è arbitraria e quindi scorretta (pag. 59); la costruzione della frase: «è la storia di Florio, figlio del re pagano Felice, re di Spagna...» (pag. 15) risulta inutilmente ripetitiva, cacofonica e di spiacevole lettura, meglio sarebbe: «figlio del re pagano di Spagna, Felice,...». Si tratta di tre esempi, ma ve ne sono altri. Per studenti universitari.
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