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per me è un CAPOLAVORO una storia vera, la realtà di vita di più generazioni, attraverso nazismo e comunismo; il tutto raccontato in modo magistrale, per i miei gusti unico neo: la mancanza di un 'albero genealogico' (dopo essermelo fatto, i tanti legami parentali mi sono divenuti chiari)
Recensioni
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L'autore, opinionista e direttore della rivista "Panim", è considerato il maggior esperto israeliano di linguaggio e media, ma il suo romanzo nasce da un lavoro meticoloso di ricerca nelle memorie della famiglia materna, attraverso varie interviste ai parenti ancora in vita, il recupero di lettere, poesie, discorsi, la visita in Polonia ai luoghi degli avi. Con improvvisi scarti temporali e di luogo, accostamenti di miserie e gioie personali a grandi eventi della storia, Rosenthal ricostruisce le vite del nonno Kurt Freyer, dei suoi fratelli Erich, Trude e Käte, dei loro figli e nipoti. Dal 1903 al 2001, dalla Stettino prussiana, oggi Szczecin, alla terra di Israele, passando per Parigi, Amsterdam, la Repubblica democratica tedesca, perché, come dice Anna, moglie di Kurt: "Così vivono gli ebrei: vagano da un posto all'altro per procurarsi di che vivere". In questo vagare è però forte il sogno sionista, vagheggiato in gioventù dai fratelli, con la fondazione del Circolo dei giovani herzliani, e vissuto in età matura con il trasferimento in Palestina di Kurt, Erich e Käte. In mezzo tanti luoghi, qualche nostalgia, Trude e il marito Martin, incauto appassionato di Wagner, morti nei campi di sterminio, l'impegno politico a sinistra, piccole e grandi delusioni, fra tutte quella del rifiuto del sionismo e dello Stato di Israele da parte dei governi e dei partiti comunisti. Una storia di famiglia, ma soprattutto una ricerca di senso da parte di un io narrante, che compare per la prima volta a metà del romanzo e si riaffaccia come protagonista solo alla fine. La morte per malattia del padre, quando ha appena cinque anni, e del fratello, durante la battaglia del Golan nel 1973, sembrano trovare posto solo all'interno di un mito familiare, che si apre e si chiude in Blumenstasse 22 a Berlino. Un luogo come gli altri, nell'infinito peregrinare dei Freyer, ma dal forte significato simbolico: qui c'era la casa editrice di Erich e della moglie Anna, spazzata via dalla furia nazista, squarcio verso un baratro storico e privato, tappa di una particolarissima diaspora familiare.
Donatella Sasso
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