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SANTARELLI, ENZO, Gramsci ritrovato 1937-1947, Abramo, 1991
CAMMETT, JOHN M. (A CURA DI), Bibliografia gramsciana 1922-1988, Editori Riuniti, 1991
recensione di Bongiovanni, B., L'Indice 1992, n.10
Avevamo sinora a disposizione la "Bibliografia gramsciana 1922/1967", curata da Elsa Fubini in occasione della pubblicazione degli atti del convegno cagliaritano del 1967 (trentesimo anniversario della morte di Gramsci), nonché la "Bibliografia gramsciana 1968-1977", curata sempre da Elsa Fubini, questa volta in occasione del convegno fiorentino del 1977 (quarantesimo anniversario). Abbiamo adesso un'imponente bibliografia su Gramsci di 7061 titoli, aggiornata sino al 1988 compreso, che rende conto di libri e articoli (anche brevissimi) redatti in 28 lingue. Dobbiamo lo sforzo all'Istituto Gramsci e allo studioso americano John Cammett, che peraltro, nell'introduzione, confessa il proprio debito nei confronti del precedente ed eccellente lavoro di Elsa Fubini. John Cammett e i suoi collaboratori, al termine di un lavoro certo difficilissimo (in quali libri di storia italiana e del movimento operaio Gramsci è una presenza centrale e in quali è una presenza periferica?), hanno potuto rilevare l'andamento della fortuna del comunista sardo. Dallo spoglio del materiale inventariato - i grandi numeri hanno la meglio sulle inevitabili lacune - si può con sicurezza dedurre che prima del 1937, l'anno della morte, Gramsci è assai poco noto nello stesso movimento comunista. Tra il 1937 e il 1938 escono ben 75 titoli, ma il grande interesse si manifesta dopo gli anni 1947-51, vale a dire dopo la pubblicazione delle "Lettere" e della prima edizione (tematica, com'è noto) dei "Quaderni". Il grande balzo in avanti si situa tuttavia nel 1966. Da allora la produzione non scende più sotto i 100 titoli annui. Si tenga però presente che la "Bibliografia" comprende anche gli articoli sui quotidiani, dove Gramsci è spesso un pretesto per parlare dell 'attualità politica. Il periodo aureo è comunque l'arco che va dal 1974 al 1980. Si ha in questo lasso di tempo una media di oltre 200 titoli all'anno. Si cala poi a una sempre ragguardevole media di 150 titoli nel corso degli anni ottanta. Il pensiero di Gramsci, e non solo in Italia, è del resto ormai entrato nel nostro lessico politico. Le sue parole (egemonia, blocco storico, classi subalterne, ecc.) sono anche le nostre parole. I muri che crollano non le abbattono. Anzi.
Del periodo di preparazione, quello che separa Gramsci dal gramscismo, si è specificamente occupato Enzo Santarelli con un'opportuna e utile antologia degli scritti su Gramsci degli anni che vanno dalla morte al 1947. Lucido e informato si rivela così il necrologio di Tasca ("Il Nuovo Avanti", 8 maggio 1937), commosso l'intervento di Carlo Rosselli del successivo 28 maggio, abilmente ricostruttivo quello di Togliatti, già assai noto, del giugno. Seguono un brano di Grieco del '38 ed uno di Montagnana del '41. A partire dal '44 ha origine la straordinaria operazione, vero capolavoro della politica culturale del Pci, atta a collegare il presente della "svolta " al passato dell'originalissimo pensiero di Gramsci. Si scavalcano gli anni più foschi dello stalinismo e si rivendica un soffice margine di autonomia culturale per il partito. Il personaggio fuoriesce però dai confini segnati. Il suo spessore umano si rivela fondamentale per la nascita della leggenda. Si legga o si rilegga, a questo proposito, la bella recensione delle "Lettere scritta" da Croce nel luglio del '47 (pp.269-71). Si potrà comprendere perché, a partire da quell'anno, Gramsci apparterrà a tutti.
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