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Questo libro è un buon inizio per Fra Ste, che ha avuto sicuramente un’idea straordinaria nata da una toccante ispirazione: il desiderio di diventare madre. L’originalità di questa storia è come l’autrice regala questa opportunità a Nives. Il secondo titolo di Bianca Utopia la dice lunga sullo spirito con cui è stata scritta l’opera che va trattata certamente con delicatezza: la mia più bella cosa mai successa. Si può scrivere con il cuore e questa ne è la dimostrazione. Che è una storia originale l’ho già detto ma tengo a ribadirlo cercando di non anticipare troppo, ma ho trovato la presenza di un orso, fulcro del racconto, davvero astuta. L’autrice ha una grande fantasia e nulla è scontato in questo libro. Nulla. Purtroppo non posso sorvolare sui tasti dolenti ovvero che, a parer mio (modesto, davvero), la costruzione della storia, a livello tecnico, non è delle migliori. Vero è che, come ho specificato all’inizio, l’autrice non è versata nella scrittura in prosa. Bravissima poetessa, si è lanciata in un’avventura che io mi auguro approfondisca perché non è affatto scontato avere un’ottima idea e inventiva. Avere fantasia, datemi retta, non è una cosa da tutti. Molti autori famosi non ce l’hanno, ma la loro tecnica narrativa rende accattivante la lettura. Io non mi sono rivista in queste pagine ma so per certo che molte donne, purtroppo, potranno farlo. Da lettrice pignola avrei voluto un po’ di tridimensionalità, dei flashback che mi facessero assaporare una Nives giovane a Fuerteventura tra le braccia di un giovane Chris… Poter vedere quell’estate in cui si sono incontrati e spezzare così la lettura di un racconto su un unico binario. La formattazione del testo allunga solo il volume dell’opera laddove si poteva ingrassare il testo con approfondimenti, tuttavia mi è parso che abbia reso la storia più scorrevole. I dialoghi non sono del tutto realistici ma i personaggi lo sono, soprattutto la nipotina, mi è parsa molto reale.
Non sapevo realmente cosa aspettarmi da questo libro. Conosco FraSte per la sua singolare raccolta poetica, ma ancora una volta sorprende con il suo stile unico e ci regala una storia dolce e commovente. In una dimensione onirica e metafisica, quasi a metà tra il sogno e la veglia, Nives riesce a mettersi in contatto con quella che chiamerà “Utopia”, la sua bambina mai arrivata, attraverso un grosso orso di peluche che le era stato regalato vent’anni prima e che aveva sempre sperato di poter, un giorno, regalatele a un ipotetico figlio. Ahimé la vita ha già scelto diversamente per lei, ma il suo desiderio è talmente forte da infrangere le barriere dell’impossibile, e in questo limbo di sogno Nives imparerà a confrontarsi con una figlia mai avuta, imparerà a parlare come una madre, a ricevere confidenze da adolescente e, perché no, a credere di nuovo nell’amore. Ambientato tra Milano e Fuerteventura, tra post-it magici e rinunce indicibili, un lungo filo rosso (non solo metaforico!) ci accompagna in una favola moderna con un finale che, ammetto, mi ha un po’ spiazzata! Forse mi ero fatta talmente tanti film durante le trecento pagine, avevo sognato così tanto insieme a Nives e ai voli pindarici della sua Utopia, che riesce a vedere solo quando si addormenta, che speravo nell’epilogo lineare che ci si sarebbe aspettato! Ma, come detto all’inizio, FraSté sa sempre sorprendermi. E comunque, in fondo, il lieto fine è sempre dietro l’angolo. E per una storia del genere, non potrebbe essere altrimenti.
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