Attraverso il racconto di un'infanzia trascorsa nella campagna ai piedi dei monti Sibillini, durante gli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso, e delle ricette che in quel tempo circolavano tra la gente povera di campagna e di paese, questo libro si propone di incoraggiare a riflettere sulla tavola di questo tempo e su noi che oggi mettiamo il cibo al centro della nostra vita, talvolta riproducendo un'immagine gioviale e addomesticata, o persino capovolta, di un passato dal quale abbiamo, però, rimosso la memoria della fame. Con questa consapevolezza, l'autrice - bambina contadina e testimone che non fa sconti al passato - racconta la cucina contadina tradizionale, descrivendo ciò che sulla tavola c'era e ciò che non c'era (anche quando oggi che ci fosse ci piaccia crederlo): i piatti, le preparazioni e lo spirito e la cultura che permeavano gli uni e le altre.)
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