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Anno edizione: 2019
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Decisamente non cesserò mai di meravigliarmi che ci siano persone che parlano di libri senza averli letti. Non si avvede il lettore Pelagatti che l’autore (p. 61 nota 7) cita il saggio di Riezler come uno dei pochi fra quelli antichi che vale ancora la pena di leggere? Non si avvede che l’autore scrive (p. 75) che il “candidato favorito” al ruolo di secondo tema è quello che comincia a batt. 84, anche se “non è mancato chi ha preferito eleggere a ‘vero’ secondo tema il motivo 2 [batt. 45 sgg.], che però è tonalmente instabile, o il motivo 3 [batt. 57 sgg], più stabile ma che compare troppo fuggevolmente”? Ma soprattutto, non si avvede che, sempre secondo l’autore (ibid.), “la domanda è evidentemente mal posta, in quanto presuppone un tipo di forma-sonata, quello basato sul dualismo tra due temi principali … che è solo uno dei diversi modelli formali di cui [Beethoven] dispone”? In effetti, la nozione scolastica di “ponte modulante” appare del tutto inadeguata a definire una sezione (batt. 45-87) nella quale vengono presentati ben tre motivi nuovi che saranno poi ampiamente sfruttati in seguito. Ma forse il lettore si è fermato alla tabella di pp. 62-67 e, non avendo letto la trentina di pagine che seguono non ha capito il significato di “secondo gruppo tematico”, confondendolo appunto con lo scolastico “secondo tema”.
Decisamente, non cesserò mai di meravigliarmi: com'è possibile che al giorno d'oggi, dopo un mare magnum di studi pubblicati su Beethoven, vi sia ancora qualcuno che scambia il ponte modulante del I movimento ( batt. 45 e segg) per il Secondo Tema! Non si avvede l'autore, che se così fosse, l'intera architettura dell'esposizione sarebbe completamente sbilanciata a favore della sezione sulla dominante, nel rapporto che è quasi di uno a quattro, e che la nuova tonalità, in forza della modulazione a sol minore di batt. 65 non vi è ancora definitivamente affermata? E perchè il Nostro non si è dato nemmeno la pena di consultare la monografia di Walter Riezler, che contiene una analisi esatta della forma di questo Primo movimento, scritta sotto la supervisione di tale W. Furtwaengler, personaggio non privo davvero di una certa dimestichezza con lo stile classico e romantico, in cui il secondo tema è collocato nel suo giusto posto, a battuta 84? Questa precauzione sarebbe stata da sola sufficiente, io credo, a mettere al riparo lui e noi da una gran quantità di paragrafi errati.
Recensioni
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Un gesto forte, varare una collana di libri d'argomento musicale illustrando lÆEroica, giusta l'idea che acquisire familiarità con la Terza sinfonia di Beethoven equivalga a esordire con "pedone bianco, e2-e4" sullo scacchiere della musica colta. Fabrizio Della Seta, direttore di un'impresa progettata sulle due direttrici delle guide all'opera (due i titoli in cantiere, il Pierrot lunaire di Schönberg e il Concerto per pianoforte K491 di Mozart, affidati rispettivamente a Marco Marica e Giorgio Pagannone) e dei volumi dedicati a temi specifici (Angela Ida De Benedictis, Musica e tecnica; Michela Garda, L'estetica musicale del Novecento; Stefano La Via, Poesia per musica e musica per poesia), struttura la guida allÆEroica recependo nei termini di un monito la confessione beethoveniana di scrivere tenendo sempre l'insieme davanti agli occhi (" immer das Ganze vor Augen ").
Pur occupando una porzione cospicua del volume, la riflessione sul singolo passaggio, il confronto del testo definitivo con gli schizzi preparatori, l'indagine sui modelli formali mai assunti in maniera meccanica ma sempre prodotti da elaborati processi mentali si radicano saldamente nel panorama storico-biografico delineato in precedenza. Nella prima parte si trova per esempio un'utile riflessione sulla funzione - e, di conseguenza, sull'importanza - attribuita da Beethoven ai propri autografi, divenuti dopo la sua morte feticci contesi a suon di denari e carte bollate. Lo smarrimento dell'autografo dellÆEroica, da ritenersi oggi irrimediabile, viene valutato sulla base delle consuetudini lavorative del compositore: per Beethoven gli autografi "valevano (...) non tanto come portatori di un testo definitivo, ma piuttosto come strumenti nei quali si prolungava il lavoro iniziato negli schizzi. Invariabilmente le loro pagine attestano un accanito lavoro di revisione, non limitato ai dettagli, che a volte li trasformava in veri campi di battaglia, inutilizzabili come modello per la copiatura delle parti orchestrali e per l'incisione dell'edizione a stampa". Per quanto spiacevole, la perdita dell'autografo dellÆEroica non mette dunque in dubbio l'identità del prodotto uscito dallo studio di Beethoven (questo, si badi, non è "la Sinfonia Eroica ", ma la traccia sensibile che di essa la notazione musicale è in grado di veicolare). E se ciò vale per tutti i prodotti dell'ingegno beethoveniano di cui manca l'autografo, conforto ulteriore deriva nel caso specifico dal desiderio di Beethoven - frustrato dalle leggi di mercato - di vedere pubblicata la partitura prima delle parti staccate: una conferma indiretta dell'importanza, per gli altri oltre che per se stesso, di avere immer das Ganze vor Augen.
Altro merito di Della Seta è quello di passare in rassegna due secoli di interpretazioni fiorite sulla base dell'ineffabile "programma interno" del lavoro, sintetizzate via via in formule tipo "Sinfonia Bonaparte", "Sinfonia Prometeo", "Sinfonia Eroica". Fluviale nell'eloquio, alluvionale nella portata, navale - secondo l'idea di Carl Czerny - nel tema d'esordio, lÆEroica è sinfonia ostinatamente terrestre, irta di colate laviche, picchi scoscesi e asperità mit(ograf)iche. Indagate con attenzione anche le ipotesi più ardite, come quella di Constantin Floros, Della Seta fa un passo indietro, invitando a non cercare corrispondenze esatte fra note e oggetti, personaggi o avvenimenti particolari. Alla domanda - lecita dinanzi a un titolo impegnativo ancorché non materialmente scaturito dalla penna di Beethoven - di chi sia l'eroe dellÆEroica, Della Seta risponde, sottoscrivendo il parere di Carl Dahlhaus: "il mito di Napoleone"; ovvero, Napoleone fatto reagire con Prometeo nel laboratorio di un chimico della musica che tutto era meno che uno scienziato pazzo. "Detto altrimenti: una cosa sono gli eventi e i personaggi reali che entrarono a far parte dell'esperienza morale e politica di Beethoven; altra cosa è il modo in cui tale contenuto dell'esperienza, mera materia dal punto di vista estetico, si plasmò in un'immagine della fantasia divenendo il contenuto dell'opera d'arte, sintetizzato nelle forme del linguaggio musicale".
La seconda parte è pensata per un pubblico di studenti universitari in grado di leggere una partitura con una competenza "non superiore a quella necessaria per arrivare a leggere discretamente una lingua antica o straniera" (a conforto dei non-addetti-ma-non-"analfamusici"). In un'ottantina di pagine fitte di schemi, sezionature del discorso, digressioni filologiche - proposte in corpo minore, a beneficio di chi desideri schivarle - Della Seta offre una lettura della Terza sinfonia la cui originalità sta soprattutto nell'ipotesi finale. Nell'ultimo paragrafo, intitolato Retrospettiva: la sinfonia come romanzo ma opportunamente collocato nella seconda parte e non al di fuori di essa, Della Seta argomenta la sua idea, secondo cui l'interazione fra i diversi elementi musicali si delinea nei termini del romanzo più che in quelli del dramma. Dopo aver mostrato come in tutti e tre i primi movimenti la sezione finale si configuri secondo modalità psicologiche, oltre che architettoniche (ricapitolazione, ripresa ecc.), nell'analisi del quarto movimento Della Seta sottolinea la tendenza, tipica del romanzo moderno, a richiamare nel quadro finale forme, figure e scenari di tutta l'opera. Senza assumere il carattere di citazione, il richiamo risulta vago, evocativo, immaginifico: in una parola, psicologico.
Questa è dunque, secondo Della Seta, la porzione di territorio definitivamente annessa dallÆEroica al sinfonismo moderno: "Il tempo-processo della Sinfonia, che supponiamo esperito dal suo soggetto estetico, può essere interpretato come la rappresentazione simbolica del tempo-processo storico che sappiamo esperito dal suo soggetto biografico, dall'uomo Beethoven e dai suoi ascoltatori contemporanei; (...) il far percepire tale processo come prodotto dell'attività di un soggetto narrante è il correlato della coscienza del Beethoven reale di vivere e interpretare attivamente il suo momento storico (...); tale coscienza (...) costituisce il contenuto della Sinfonia, un contenuto non imposto dall'esterno, interamente risolto nella sua struttura musicale". Abituati a pensare in campo sinfonico la convivenza fra monumentalità e psicologia a partire dalla Nona, spartiacque fra primo e secondo Ottocento a onta del suo varo entro il primo quarto del secolo, oltre al piacere della lettura gli storici della musica trovano in questa guida uno stimolante invito alla riflessione.
A. Rizzuti insegna storia della musica all'Università di Torino
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