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Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Decisamente una perdita di tempo. Racconti brevi senza senso, per nulla divertenti e alcuni solo volgari. Onestamente non so cosa mi aspettassi ma...non questo. Nulla di creativo
Libro che si legge con spensieratezza.
Il 'libretto' (nel doppio significato di libro con poche pagine e di libro di scarsa consistenza) non ti lascia molto ... Si salvano la poesia 'Amour Monet' e la 'Canzone dell'amor rifatto', originali e simpatiche. Il resto un po' truce e poco gratificante
Recensioni
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Uno spettro s'aggira per il Salone del libro e forse l'avete già incontrato. A dire il vero, somiglia più a un folletto o a uno spiritello dispettoso, con quella candida capigliatura da sempre ribelle a ogni ordine costituito e resistente a ogni pettine autoritario. È arrivato con il suo seguito, un nugolo di donne stravaganti, maleducate e lunatiche, che lui riconosce come Beatrici. Per non farvi stare troppo sulle spine, sciogliamo subito l'enigma: si parla di Stefano Benni e dei personaggi del suo ultimo lavoro, trascrizione di uno spettacolo andato in scena al Teatro dell'Archivolto di Genova con lo stesso titolo.
Otto monologhi inframmezzati da canzoni e ballate a volte mai cantate, come l'ultimo, malinconico congedo che l'amico Fabrizio De André non fece in tempo a musicare. Un'occasione, secondo Benni, per mostrare al pubblico che la luce bluastra della televisione lascia in ombra una quantità enorme di attrici brave e meritevoli, più belle e "vere" delle più note starlette del piccolo schermo. A noi, che leggiamo i testi senza l'aiuto delle voci e dei corpi di quelle giovani attrici, resta la possibilità di creare la nostra regia personale, intonare nel silenzio della lettura il monologo di Beatrice, adolescente fiorentina stufa di dover aspettare quel Canappione di Dante mentre c'è quel fusto di Battistone, ben fornito e focoso giocatore di pallone. Forse, potendo scegliere che personaggio interpretare, la nostra scelta cadrà sulla Mocciosa, che vuole farsi intervistare perché la sua amica ha accoltellato la madre, oppure sulla Presidentessa, parodia di una nota imprenditrice, che ha risolto il problema degli esuberi cucinando e servendo agli ospiti i propri operai trasformati in un'ottima zuppa, o forse ci verrà da intonare le frasi accaldate e vogliose di Filomena, la "monaca indemoniata" che ha dovuto prendere gli ordini a forza, mentre le altre sorelle sono andate in filanda o a battere il marciapiede. In fondo, tra le note di molte paradossali canzoni, sono le parole dell'Attesa, della Vecchiaccia e di Mademoiselle Lycanthrope quelle che ci intrigano di più, per la loro lirica crudezza, per il ritratto di una femminilità che non ha vergogna di essere una volta tanto politicamente scorretta, graffiante e sincera. Così come rimaniamo incantati da Vòlano, il racconto dove lo stile più autentico di Benni prende la via di Zavattini: qui, tra i palazzi dove le luci blu delle televisioni illuminano il mondo, decine di vecchi e un bambino, abbandonati davanti allo schermo perché non si sentano soli, decidono di aprire le finestre e volare via.
Certo, è pur sempre la penna di un uomo che dà voce a queste Beatrici irriverenti, sedute sul ciglio della cattiva strada più che sulla via che porta all'Empireo. Eppure, tra le ipocrisie retoriche e i degradanti sguardi che uomini e ominicchi di varia statura dedicano ultimamente alle donne, la parola teatrale e la risata di queste figure salvifiche, coraggiose, reiette e licantrope ci cattura come gesto politico e come atto di resistenza.
Stefano Moretti
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