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E' un libro dai contenuti molto profondi e non sempre passibili di innocente interpretazione. Dietro la storia che ha per protagonisti due bambini, ma che non per questo la rende adatta a un pubblico di bambini o ragazzini, si cela il dramma di poter distinguere senza errore di giudizio le vittime dai carnefici, e ricorda che la maggiore abilità del carnefice é proprio quella di invertire i ruoli. Alla fine del libro (o del film) è ancora così chiaro chi è la vittima e chi il carnefice o il gas riesce ad annebbiare la certezza iniziale?
Beh, cosa dire, lo metto tra i libri più belli che ho letto e ne ho letti tanti. Credo che la storia sia inventata, ma l'assurdità dello sterminio degli ebrei, da parte dei nazisti tedeschi, è tale che non ci meraviglierebbe se la storia fosse vera. Ad Auswitz, purtroppo, si è visto di peggio. Complimenti quindi all'autore per un racconto che, se non fosse per la sua tragidità, potremmo definire, tranquillamente, il trionfo del paradosso.
Conoscevo la triste storia di Bruno già dal film omonimo tratto dal libro, ma leggerla è stata tutta un'altra cosa. Emozioni del genere, provocate dalla durezza della trama, sono davvero rare. Questa è la storia di due bambini: Bruno e Shmuel. Il primo tedesco, figlio di un Comandante che aveva il compito di dirigere il campo di concentramento di Auschwitz (o Auscit come diceva Bruno), l'altro un ebreo, prigioniero di quello stesso campo. L'amicizia tra i due bambini, molto insolita a quel tempo, procede tra alti e bassi fino al tragico finale. Leggere queste pagine è stato come vedere di nuovo il film, migliorato dal linguaggio e dallo stile utilizzato dall'autore che rispecchia pienamente la mente di un bambino.
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