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Forse non l’ho letto nel periodo giusto ma penso sia sopravvalutato.
Dubus scrive racconti bellissimi. Storie che tutti noi potremmo aver vissuto o che ancora potremo vivere. La sua scrittura fluida, semplice, asciutta lo colloca, a mio giudizio, sullo stesso livello di altri grandi scrittori come Carver o Cheever. I suoi personaggi hanno sofferto grandi dolori o combattuto pregiudizi, solitudine dai quali cercano di riprendersi affrontando la vita senza paura e con coraggio.
Nel racconto più breve - Di notte - una delle donne protagoniste assolute di questo scrittore e della sua ultima raccolta del 1996, percepisce l'avverarsi della fine del marito spirato accanto nel sonno. Confessioni, appercezioni, scivolamenti, maniere indirette di vivere raccontandosi: sono le short stories di Dubus, un maestro del genere nella tradizione che rimonta a Poe e Hawthorne per il verismo dell'immaginazione. Di un tempo sospeso - il titolo guida: danza "after hours" - o malinteso, è colma la sua prosa ritmica, che inchioda i personaggi alle proprie responsabilità - ci sono personaggi macchiatisi di gravi colpe ma molti sono caratteri compassionevoli - e anche ai contesti in cui avvengono i fatti o sono ricordati: aggressioni, disgrazie improvvise come la ferita di Ted Briggs o una caduta da cavallo, l'incontro casuale con il garzone che diventa l'amante di LuAnn, vengono a galla man mano che passeggiamo per le strade di Dubus, guardiamo due amiche inoltrarsi nel bosco, contempliamo la neve, saliamo e scendiamo i piani di una casa. Questo realismo da occhio di cinepresa - secondo il precetto henryjamesiano: i personaggi facciano, non solo dicano - avrà causato il successo dei film derivati dalle storie di Dubus: ma alla lettura è diverso, è la parola che arriva in fondo con leggerezza, redime nonostante tutto, tocca lo snodo del destino, il passo o l'arretramento fatale. La precisione delle immagini non è solo ritmo mentale assecondato - il narratore amplifica i protagonisti - ma il compimento di questo ritmo. Potremmo osare dire: il fenomeno e il suo noumeno, sapendo già, dalla filosofia alla narrativa, che non sarà possibile la perfetta uniformazione dei due momenti della realtà totale. Ma dal versante su cui ci ha attirato l'autore, nei paesaggi umani di Dubus, cogliamo qualcosa. Lo intravediamo confusamente netto. E non sappiamo se nell'ultimo racconto, che dà il titolo al libro, Emily, ex-insegnante barista, uscirà dalla propria attenta solitudine.
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