Danilo Pulvirenti è un uomo che ha fatto della sobrietà e dell'intransigenza una regola di vita. Nel chiuso di questo recinto, Danilo è divorato dall'ossessione erotica; "racconto fondatore e stupido, narrato mille volte ma irrecuperabile e irripetibile", l'ossessione travolge la realtà sottomettendola a una dimensione mitica. Una "malattia sacra" che resta a lungo in incubazione, priva di un soggetto che le permetta di deflagrare: solo quando Danilo è ormai un ricco e maturo antiquario romano, con una vita rassegnata e rispettabile, l'ossessione si incarna. Usando la fotografia come strumento privilegiato, l'ossessione rivendica i propri rudimentali diritti; spezza la fragile unità dell'io e introduce nel mito la figura di un Doppio; un professore con pretese di scrittore, di cui il protagonista pensa di potersi sbarazzare facilmente. Ma questo vecchio calvo dall'aspetto inoffensivo ha dalla sua una diabolica tenacia, sicché il gioco sfugge di mano a Danilo, che finisce per approdare a un'orribile soluzione. Giocando a rimpiattino con l'autobiografia, Walter Siti ci consegna un romanzo nel quale l'ossessione erotica trasmigra dalla fiction per condensarsi in proposizioni teoriche che, tracciando i lineamenti fondamentali degli impulsi più oscuri, ci riguardano tutti. "Autopsia dell'ossessione" è l'ultimo atto della trilogia aperta da "Troppi paradisi" e da "Il contagio".)
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