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Il libo solo apparentemente è facile. Per leggerlo occorre una concentrazione estrema perché pretende il massimo dell’attenzione: esso è come la Zisa di cui parla, sfuggente e cristallino, esplicito e nascosto, uno e molteplice. Quell’attraverso ambiguo, ci si chiede, è moto per luogo o mezzo, oppure tutti e due? Ci si muoverà cioè dentro l’edificio che si dichiara di volere percorrere o lo si userà strumentalmente per dirci altro? Ma, improvvisa, giunge una specificazione, ATTRAVERSO LA ZISA (divertimento alla turca). Viene voglia di chiedere: “...non ce lo potevi dire prima?”, ma siamo ormai dentro il gioco. Divertimento di chi? Suo, di Ugo, e nostro soprattutto. Divertire etimologicamente vuol dire volgere altrove, e ci prestiamo al gioco per farci condurre. Divertimento nella sua accezione musicale indica composizione leggera e gioiosa, e ne restiamo allettati. Divertimento - nella “fuga” poi - è passaggio tra un’esposizione tematica e l’altra, e ora la seduzione è massima. Poi l’indice, in cui la Zisa viene nominata solo due volte. Per dire che si parlerà d’altro, (La Zisa altrove) e per dire che essa non si trova, ciò che equivale alla stessa cosa. Poi iniziano le incursioni nei territori più interni dell’architettura, rapide e precise, taglienti e incontrovertibili, raffinati ragionamenti che sembrano inizialmente poggiare sulle parole, di cui oltrepassano i limiti angusti. I temi crescono dall’edificio come sentieri che si separano e s’intersecano e che sembrano raccontare altre storie, condurci per altre regioni, per altri edifici. Perché l’edificio della Zisa «non è sfiorato da alcuna tentazione pluralistica, vuole essere uno e, nello stesso tempo, infinito». Esso trattiene in sé il non detto e ripete senza dire mai le stesse cose. Cos’altro dovrebbe fare l’architettura, se non dire ripetendo, se non racchiudere segreti senza smettere mai di rimanere evidente, se non essere estraneo e, allo stesso tempo, radicato al luogo, se non liberarsi di tutto il superfluo e cercare il silenzio?
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