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"Dopo Il bambino nella neve Wlodek Goldkorn racconta la sua nuova vita in Israele, immerso nelle sue contraddizioni.
"Gli asini sono gli stupratori. Gli uomini malvagi non possono essere umani, sono animaleschi. Bestia era Esaù, il fratello maggiore di Giacobbe, l'irsuto, il selvaggio. Bestie sono gli Amalek, discendenti di Esaù"
"Guarda, questi sono i luoghi di re David, dei profeti". Nel 1968 Wlodek Goldkorn è un ragazzo gettato dal cuore dell'Europa in una stradina di Gerusalemme. Con la sua famiglia fugge da Varsavia, dove il suo stato è quello di apolide, di "non cittadino", in Israele, per trovare una terra in cui poter essere libero. Da un luogo perduto a un luogo da conquistare. "Osservavo mio padre, con le mani saldamente aggrappate alle assi del pick-up. Era di fronte a me. Anche io, come lui, ero posato sulla panchina in modo che tutta la superficie del mio culo vi aderisse per non perdere l'equilibrio e non cadere, lo sguardo rivolto fuori, i miei occhi pieni di curiosità, perché volevo conoscere, imparare a memoria, fare mio, il nuovo paesaggio della Patria". A Gerusalemme, Goldkorn sperimenta la curiosità per la sua nuova terra, ma anche l'attrazione per tutto ciò che è arabo. Con un formidabile esercizio della memoria, lo stesso protagonista di «Il bambino nella neve» racconta Israele e Gerusalemme: non solo la città reale, ma anche le altre Gerusalemme, immaginarie e sognate. Riflette sui simboli e le identità, su quella sovrapposizione dei ricordi e dei luoghi che in certi angoli della città ha qualcosa di morboso e di artificiale. La chiave di questo racconto è la nostalgia del futuro, che mette in moto il bisogno di ricostruire un passato denso di dolore, di contraddizioni, ma anche del desiderio di conoscere e di vivere che appartiene a ogni adolescente intento nella fatica di diventare uomo.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Interessante. Interessante perché, rispetto al puzzle della vasta e complessa epopea del popolo ebraico - dalla diaspora ai giorni nostri - che sto ricostruendo da qualche anno attraverso svariati autori, il tragitto Varsavia-Gerusalemme sola andata, era una delle tante tessere che ancora mi mancava. Qualcosa inerente ai 'rimpatriati' d'Israele già lo avevo ricavato da Nevo, Oz e Yehoshua, ma la narrazione di Goldkorn mi risulta più chiara e scorrevole, e rimane piacevole, anche se la scrittura di Oz e Yehoshua - che Goldkorn ha conosciuto personalmente -, è di un altro livello e spessore; con quella di Nevo siamo là. Diciamo così: più forte dal punto di vista divulgativo che letterario, è però una lettura piacevolmente fluida e cristallina. Forse il libro più efficace per la comprensione del movimento sionista che ho letto fin'ora. Ne restituisce un chiarissimo quadro - pre e post Shoah - dei suoi effetti e conseguenze, nel bene e nel male, anche a lungo termine. «Così, per scrivere un libro su Israele, vago tra i boschi e i fantasmi dell'Europa; centauro invecchiato è confuso, non so più se il mio corpo e le zampe sono nel deserto e la testa nelle foreste; o se, al contrario, con la testa abito tra le pietre rosse e con le zampe calpesto le verdi piante del sottobosco.»
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