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Il volume raccoglie venti contributi (di Ermanno A. Arslan, Paola Elena Boccalatte, Elisabetta Cioni, Marco Collareta, Francesca Dell'Acqua, Alessandro Della Latta, Giovanni Donato, Saskia Durian-Ress, Mathias Exner, Nello Forti Grazzini, Guido Gentile, Saverio Lomartire, Alessio Monciatti, Valentino Pace, Armando Petrucci, Giorgia Pollio, Mario Scalini, Costanza Segre Montel, Francesca Tolaini, Michele Tomasi, Carlo Tosco e Lucia Travaini) relativi alle principali tecniche applicate nel medioevo nei diversi campi della produzione artistica, dall'architettura alla produzione libraria, dalla scultura al ricamo, dal mosaico agli avori. I saggi sono redatti come voci di dizionario, organizzate su scansioni tematiche, con individuazione delle opere più significative su scala europea, e corredate da bibliografie fortemente selettive che documentano lo stato più aggiornato delle ricerche; le foto in bianco e nero, pur in un'impaginazione serrata, aiutano il lettore a orientarsi in ambiti che si suppone non necessariamente domina.
L'opera trae origine dalla parte sistematica del recente secondo volume di Arti e storia nel Medioevo, curato da Enrico Castelnuovo e Giuseppe Sergi per Einaudi, nel 2003;può essere utilizzata come testo di consultazione, ma anche letta in modo continuo scorrendo l'ordine alfabetico, oppure seguendo il filo dei rimandi offerti dagli autori. L'obiettivo forse più interessante del volume pare infatti essere proprio l'invito a superare la settorialità degli studi, invitando a ricomporre, almeno in modo virtuale, il variegato e variopinto mondo spaziale e percettivo medievale, restituendo un paesaggio politecnico e polimaterico che scardina l'immagine falsamente rigorista degli spazi medievali costruita da alcuni filoni storiografici e dai restauratori ottocenteschi. Senza nulla concedere alla genericità o al dilettantismo, meno ancora all'erudizione aneddotica, il volume indica chiaramente una strada in cui i singoli specialismi sono valorizzati, ma in un quadro culturale aperto al dialogo: fine infatti delle tante possibili storie delle arti come anche delle storie degli spazi domestici, urbani o territoriali non è infatti l'acribia critica attribuzionistica sui singoli manufatti, ma un utilizzo corretto dei manufatti stessi come fonte per una più ampia conoscenza dei contesti culturali, sociali e ambientali.
Due aspetti paiono legare i diversi contributi. Innanzitutto il superamento di una concezione meramente tecnica degli studi sulla "cultura materiale" o dei processi di produzione (in questo caso del manufatto artistico), per cercare di arrivare all'attribuzione di significati e di valori anche alle singole scelte tecniche, e non solo a quelle figurative. Ne consegue lo scardinamento della "gerarchia delle arti" comunemente intesa, per arrivare a una "periodizzazione di valore", in cui si evidenziano le fasi in cui ciascuna tecnica diventa "guida" (di volta in volta, l'oreficeria, il mosaico, la vetrata, la miniatura) oppure tecnica di "complemento", ma comunque fortemente integrata alle altre negli spazi di vita e di rappresentazione sociale. In secondo luogo, si afferma un approccio alla tecnica che pone in primo piano la presenza delle persone, a tutti i livelli: della committenza (che sa e vuole incidere anche sugli aspetti materici), degli artefici (chiamati a operare delle scelte o delle contaminazioni tra gli ambiti tecnici più vari) e dei fruitori (che possono avere attese materiali, ma che soprattutto proiettano valori di uso sociale: basti pensare all'uso liturgico o politico delle arti).
Andrea Longhi
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