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Anno edizione: 2014
Anno edizione: 2014
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Quando è grande letteratura, un romanzo sa raccontare e interpretare la realtà meglio di qualsiasi analisi storica, sociologica, giornalistica. Perché la narrativa, quando è grande narrativa, ti entra dentro, ti impregna, non ti abbandona più. Ho comprato "L'arte francese della guerra", vincitore del premio Goncourt 2011, appena uscita la traduzione italiana, ma poi l'ho lasciato fra i libri da leggere per molto tempo. Ho cominciato a leggerlo all'indomani degli attacchi terroristici di Parigi del 13 novembre scorso. Il romanzo di Jenni è scritto magnificamente, ma soprattutto aiuta a capire. Parla di una realtà specificamente francese, ma nell'affrontare il delicato tema dell'eredità coloniale alla luce delle guerre perdute di Indocina e Algeria, dice tantissimo e propone spunti di riflessione sulle crisi che oggi, tutti, viviamo. La guerra come massima semplificazione della vita, il ceffone come panacea di tutti i problemi (dal bambino maleducato al delinquente di periferia), la criminale inconsistenza del discorso razziale, la dinamica "noi e gli altri" fondata sulla somiglianza che permea la nostra vita cosciente (e incosciente), l'illusoria e idiota retorica dell'integrazione (di chi pensa che integrazione sia "andare d'accordo con la colf"), l'affinità e l'amore come uniche forme di salvezza. C'è molto di più di tutto questo nel romanzo di Jenni, un libro che andrebbe letto nelle scuole, non solo francesi.
Libro molto, molto bello e coraggioso. Jenni sventra il cuore ancora pulsante della sempiterna leggenda autoreferenziale francese. L'Indocina e l'Algeria vengono viste come barbare, e lo sono state, esperienze coloniali di una nazione satura di contraddizioni. Magnifica la disamina della vittoria fasulla nel secondo conflitto mondiale: un trionfo di carta al quale la Francia si è, de facto, invitata senza che nessuno degli Alleati l'abbia desiderata. Unico neo, e lo dico con grande tristezza: l'insulto alla memoria del grande Gillo Pontecorvo. "La battaglia di Algeri" rimane per me un capolavoro.
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