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Stupendo. Un ritratto di cosa significa crescere, sbagliare, imparare ad ogni età. Sicuramente comprendere il linguaggio del baseball non è semplice per chi, come me, non conosce il gioco, ma è facile cogliere la metafora tra sport e vita. Lo consiglio assolutamente.
L’arte di vivere in difesa ci fa riflettere su quelle che sono le età più critiche per l’uomo moderno, quella post adolescenziale, nella quale trovare il proprio cammino nella società rappresenta una sfida estrema e l’età successiva alla maturità, dove le certezze si incrinano, infiltrate da debolezze prima sconosciute. Ricostruire il proprio equilibrio, sembra suggerire il libro, rappresenta una paziente ricerca fra le proprie radici ed il risultato raggiunto nel corso della propria vita. Diversi gli spunti che ogni lettore potrà trarre dal libro, probabilmente in relazione alla propria età, sentendosi complessivamente rassicurato sulla normalità di insicurezze ed amori turbolenti. La narrazione, che prende luogo all’interno di un campus universitario di medio pregio, accomuna la sensibilità individuale dei protagonisti, le cui caratteristiche fisiche e caratteriali sono spesso in antitesi, contrapponendola alla massa indistinta della maggioranza degli studenti la cui vita sembra scorrere leggera e priva di problemi. Il romanzo si distingue per la capacità di descrivere intere scene a partire da semplici dettagli. Più volte ci si stupirà di come le scene o le situazioni del romanzo vengono proiettate nella mente a partire dalla semplice descrizione di odori o da particolareggiate sensazioni tattili. La lettura quindi, aiutata dalla storia intrecciata ed avvincente, procede piacevole e spedita, fugando ogni dubbio sull’opportunità dell’acquisto fatto.
Henry Skrimshander è un ragazzino gracile e timido, appena arrivato da una cittadina rurale al Westish College, una piccola università del Wisconsin. Mike Schwarz, il ricevitore della squadra di baseball, è il primo a capirne le potenzialità quando lo vede rilanciare agile e veloce nel ruolo difensivo d’interbase. Il compagno di stanza di Henry è Owen Dunn, esterno destro, un portoricano mulatto omosessuale. Un giorno Henry sbaglia un tiro e colpisce Owen, che è ricoverato in ospedale. L’incidente mette in crisi Skrimmy, e il suo rendimento in campo cala. Lo sport raccontato è poco interessante; quando poi non si capisce, è noioso. Il libro è dedicato allo sport americano x eccellenza, il baseball, poco seguito e amato in Europa. Le descrizioni delle fasi di gioco sono necessariamente poco comprensibili e soporifere. La storia è un’apologia dei valori tradizionali a stelle e strisce: il duro impegno fisico e mentale per ottenere il successo, la celebrazione di valori morali, dall’ecologia al rispetto per omosessuali e neri. Più interessanti, o almeno comprensibili, le vicende sentimentali dei protagonisti: la figlia del rettore Guert Affenlight, Pella, dopo un burrascoso matrimonio inizia una relazione con Mike. Fra l’anziano professore e Owen nasce un’inconfessabile attrazione che rende la storia più piccante: è il più giovane a prendere l’iniziativa e Guert a mostrarsi intimidito. Skrimmy è uno sprovveduto ingenuo e manipolabile ossessionato dai risultati sportivi. E’ interessante il tema della pressione nello sport, dell’ansia x l’obbligo di vincere, dell’abuso di farmaci x continuare a farlo, del fallimento. La conclusione sportiva è scontata, quella macabra sconcertante. Il libro descrive la vita in una piccola università in cui lo sport è più importante dello studio umanistico: il timore degli esami, gli amori, le amicizie, le sfide. E’ una storia briosa e scorrevole, a volte prolissa nella descrizione di eventi irrilevanti: ottocento pagine sono troppe.
Recensioni
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