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Il romanzo, dichiaratamente un remake di Piccole donne, riesce a sorprendere non solo nel mostrarci che le sorelle March, dovutamente rispolverate, sono tuttora capaci di emozionarci, ma anche e soprattutto per l'ingegno dimostrato nella tessitura dei personaggi, protagonisti e insieme narratori di una saga ricca di sottigliezze psicologiche femminili e accenti epocali: l'ambientazione in Cile, dagli anni settanta in poi, permette una panoramica avvincente sulle trasformazioni della società cilena negli ultimi decenni. Inoltre, la diaspora della famiglia Martínez dà luogo a schizzi vivaci su Londra, Parigi e Barcellona negli anni settanta, sugli yuppies americani (Lolla, Oliviero) negli anni ottanta-novanta e sullo sgomento generale dopo l'attentato alle Torri Gemelle.
Intervista a Marcela Serrano su Arrivederci piccole donne, a cura della redazione di www.feltrinelli.it
Perché ha scritto Arrivederci piccole donne?
Il romanzo è una sorta di remake di Piccole donne di Louisa May Alcott. Forse può sembrare strana l'idea di rifarsi a un classico dell'Ottocento. In realtà, si tratta di una scelta particolare che ha origine nella mia adolescenza. Molte generazioni di donne, inclusa la mia, si sono formate su questo romanzo, per moltissime di noi quello della Alcott è stato il primo romanzo che abbiamo letto. Mentre i ragazzini si appassionavano le avventure di Salgari o Verne, noi sognavamo con le storie della Alcott. Il suo romanzo ha definito la nostra identità femminile, per tutta la vita. E quando ho riscoperto quanto fosse profondamente radicato in me, quando mi sono resa conto che la mia stessa vita letteraria era stata fortemente influenzata dal tema delle quattro sorelle March ho deciso di farle rivivere, trasportandole nel Ventesimo secolo a Santiago del Cile, nel mio paese e nella mia epoca. Volevo far rivivere nell'attualità le quattro piccole donne della mia infanzia. Per questo ho scritto il romanzo.
Le quattro sorelle del romanzo della Alcott definivano gli archetipi della donna del Diciannovesimo secolo. Li considera ancora attuali? Come si pone rispetto a questi prototipi?
Mi rendo conto di una cosa terribile: i modelli con i quali sono state educate le sorelle March non sono molto diversi da quelli con cui siamo state educate noi, le donne della mia generazione. Ma, se i modelli, tremendi, non sono stati molto differenti, la reazione delle donne della mia epoca è stata molto diversa da quella delle donne del Diciannovesimo secolo. La risposta delle donne della seconda metà del Ventesimo secolo mi sembra stupenda, rivoluzionaria. I modelli impostici sono stati orribili, ma la nostra risposta libertaria è stata meravigliosa.
Eppure le donne nel suo romanzo sembrano essere particolarmente sole. Considera la solitudine una caratteristica della condizione della donna moderna?
Non ho cercato di rappresentare coscientemente la solitudine femminile. Ma se analizzo il mio romanzo, devo riconoscere che quasi tutte le risposte finali dei miei personaggi sono collegate alla solitudine. Almeno, ho questa impressione. In realtà, ho sempre pensato che, nella lotta che stiamo combattendo attualmente, una lotta in cui non sono stati ancora definiti poteri e uguaglianze, l'essere donna comporta molta solitudine. Per questo è inevitabile che essa emerga anche dai miei libri.
Tra le quattro donne protagoniste del suo romanzo, che riprendono le quattro sorelle di Piccole donne, con quale si identifica maggiormente?
Tutte le donne più o meno intelligenti, che si ribellavano ai modelli predefiniti, si sono identificate con Joe. Joe era la scrittrice, l'intellettuale, la ribelle. Persino Simone de Beauvoir disse di identificarsi con Joe e di aver scritto i suoi primi romanzi pensando alla seconda delle sorelle March. Tuttavia, per il posto che io occupavo nella mia famiglia, una famiglia di sole donne proprio come quella del romanzo, nella mia infanzia mi sono identificata di più con Amy. Credo che questa ragazza sia stata trattata molto male perché la Alcott non la amava. Perciò nel mio romanzo ho cercato di rivendicarla. Era uno dei miei intenti quando l'ho scritto.
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