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Sviluppando tematiche che erano già state al centro di suoi precedenti lavori, l'autore offre un contributo allo studio del paradigma elitistico, mettendo a fuoco la riflessione che si sviluppò in Germania, tra la fondazione del Reich bismarckiano e la fine della prima guerra mondiale, intorno al problema della "classe dominante" (herrschende Klasse). L'analisi ripercorre, in due sezioni, una parte delle interpretazioni e delle polemiche che si svilupparono tra le fila del campo liberale da un lato e del campo socialdemocratico dall'altro.
Nella prima, dimostrando come il ruolo dei dotti nella vita politica e culturale del Kaiserreich non possa essere liquidato con la nozione implicitamente polemica di "mandarinismo", usata nel 1969 da Fritz Ringer, l'autore mette a fuoco, a partire dalla polemica tra Treitschke e Schmoller e dall'esame di alcuni testi significativi, un comune paradigma elitistico, consistente, da un lato, nella delegittimazione dei partiti parlamentari, della democrazia rappresentativa nonché della classe politica di formazione parlamentare e, dall'altro, nella celebrazione della superiorità, sia giuridico-istituzionale sia etico-politica, del modello prussiano-tedesco, cioè di quella "via peculiare" fondata sul primato dell'amministrazione monarchica, per definizione apartitica. Il merito maggiore della panoramica concettuale effettuata consiste nell'evidenziare come tale paradigma, fortemente orientato in senso anti-democratico e ampiamente condiviso dai dotti tedeschi di fine Ottocento, sia stato tuttavia declinato secondo due diverse prospettive nel caso di Treitschke, alla luce dello storicismo, e, nel caso di Schmoller, alla luce della tradizione moderatamente social-riformatrice che rimandavano a loro volta a due diverse concezioni dello stato, della prassi governativa nonché a una diversa configurazione del nesso tra stato, società e classe dominante.
Nella seconda sezione, seguendo la medesima logica, l'autore passa al campo politico opposto, cioè all'analisi dell'elaborazione teorica che contraddistinse il movimento socialista tedesco, concentrandosi in particolare su Kautsky e Bernstein. Qui, ricostruendo il controverso e talora apparentemente contraddittorio itinerario di Kautsky attraverso la sua riflessione intorno ai compiti, alla fisionomia e alla strutturazione interna del "partito militante di classe a vocazione dominante", Amato evidenzia i punti di contatto con numerosi altri autori dell'epoca socialdemocratici e non, come, per esempio, Michels, Mosca e Gumplowicz e infine si concentra sulla polemica tra Kautsky e Berstein in merito ai rapporti del partito operaio con il sindacato, con il parlamentarismo e infine con la stessa democrazia, sottolineando l'esistenza di almeno due diverse concezioni del rapporto tra dominati e dominanti. Nel complesso, sia pure affrontando temi non del tutto nuovi, l'autore offre senza dubbio un contributo rilevante alla comprensione e all'approfondimento della genesi del paradigma elitistico, su cui si veda, curato dallo stesso Amato, Classe dominante, classe politica ed élites negli scrittori politici dell'Ottocento e del Novecento (vol. I, Centro Editoriale Toscano, 2008).
Federico Trocini
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