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Anno edizione: 2022
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L’aria che mi manca è il risultato di un’indagine a partire da un improvviso impedimento fra la gola e i polmoni: in quell’assenza di respiro si concentra, dipanata nella confessione dell’autore brasiliano, una cruciale vicenda umana restituita nella trama di un racconto familiare: dal trauma iniziale nel campo di sterminio al distacco dalle radici ungheresi, dalla ricostruzione di un "nuovo mondo" in Brasile – con intersezioni di lingue e paesaggi, di distanze e di dolorose rievocazioni – al faticoso percorso dell’apprendistato nella comunità ebraica di San Paolo.
Luiz Schwarcz porta con sé la storia di una famiglia che ha abbandonato tutto per sfuggire al terrore nazista: suo padre, ebreo ungherese, è riuscito a fuggire, solo, da un treno diretto al campo di sterminio di Bergen-Belsen, lasciando il padre Láios nel vagone che lo avrebbe portato alla morte; la madre, ebrea croata, ha dovuto memorizzare all’età di tre anni un nuovo nome, falso, per intraprendere con la famiglia un viaggio che li avrebbe portati prima in Italia e poi dall’altra parte dell’Atlantico. I due, André e Mirta, si sono conosciuti in Brasile, con i rispettivi dolorosi ricordi del tragico passato che pesavano sulla loro nuova vita. Figlio unico, Luiz, ancora giovane, ha sentito di essere responsabile dell’eliminazione della colpa che André portava per non essere riuscito a salvare il proprio padre – il nonno dell’autore – e si è visto come il legame che teneva stabile il matrimonio di André e Mirta, un’unione piena di silenzio, dolore e incompatibilità. Assumere questo ruolo, però, sarà fonte di angoscia che lo accompagnerà per tutta l’infanzia, l’adolescenza e l’età adulta. Recuperando con franchezza questi ricordi, Luiz Schwarcz costruisce un racconto toccante e preciso di come depressione e traumi, suoi e altrui, possano togliere il fiato a chiunque e rimanere latenti in esistenze in apparenza di successo.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Non mi ha entusiasmato, benché ben scritto. Pensavo infatti di poter leggere qualcosa che fosse, in qualche modo, "universale", invece è una storia "personale" - troppo - e, sicuramente, intima e sincera, ma che non mi ha lasciato molto. Meglio la prima parte in cui parla delle vicende familiari legata alle vicende storiche, drammatiche, che hanno coinvolto il padre e il nonno in particolare; nella seconda parte, quando si sofferma sul suo essere bipolare, risulta essere un po' ripetitiva e, ripeto, poco interessante, almeno per me.
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