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Quello che siamo oggi è la diretta conseguenza di “come eravamo” ieri. Il risultato del nostro crescere, conoscere, formarci e progredire. Un Paese grande e sano, ed il nostro lo è senza se e senza ma, la pandemia ce lo ha insegnato, cresce di pari passo con la sua umanità, è la sua gente che lo fa grande. Siamo forti ora, perché ci ha forgiato ieri attraversare gli anni forti, vissuti da persone toste, soprattutto donne forti. Le nostre donne, le nostre madri, soprattutto loro, le donne. “Gli anni forti” di Paola Martini è, in estrema sintesi, un “come eravamo”: racconta, e lo racconta bene, incisivamente, in prima persona, e da persona che sa perfettamente bene di cosa sta parlando, di cos’era e com’era la vita nel nostro Paese. E delle donne di questo Paese. Questo della Martini non è una autobiografia, o almeno non è solo il racconto di un proprio vissuto, è molto di più, un bel lavoro, scritto bene, con stile chiaro, preciso, dettagliato, con piglio didattico, e però con garbo e discrezione insieme. Uno di quei testi che dal personale rimanda al generale, di un sentire proprio riporta il senso comune dell’epoca, i fermenti vivi di crescita e cambiamento, le lotte ed i sacrifici compiuti da quanti, soprattutto l’anima femminile della società, premevano e si adoperavano, con insistenza ed intelligenza, per un divenire proficuo per le generazioni future, come in effetti è stato. Una vera e propria full immersion nello spirito di quei tempi, un testo che emoziona suscita le più struggenti delle sensazioni, la nostalgia, la malinconia, il rimpianto, rievoca i veri anni forti dell’esistenza di ognuno di noi, quelli della crescita, degli affetti, della formazione di sé, espone l’età aurea, la giovinezza, con poesia ci rammenta: “come eravamo”.
Il libro di Paola Martini ci restituisce uno spaccato della società italiana dagli anni ’50 al 1978, anno del delitto di Aldo Moro. La protagonista, una ragazza della provincia toscana, vive a pieno il travaglio della sua epoca, a ridosso della fine del secondo conflitto mondiale e caratterizzata dalla speranza di un futuro fatto di giustizia sociale. Mi sono ritrovato in molto di ciò di cui ha parlato la scrittrice, esperienze, atmosfere, un salto in quello che ho vissuto e che porto ancora dentro. Colpisce la descrizione accurata che utilizza in vari punti della narrazione ad es. quando si sofferma sul giardino della sua casa, “Villa Gina”, un punto di riferimento per tutta la narrazione, oppure sulle architetture e quotidianità di Firenze in un momento particolare della sua vita. Ma anche quando parla della famiglia oppure del suo ragazzo, del “suo mondo, così diverso dal mio, con cui avrei dovuto prima o poi fare poi i conti." Splendido il modo in cui tratteggia la figura della sua tata, il suo fare, il suo pensiero, espressione di una saggezza che a volte ci sfugge, come si evince dalla frase "smetti di pensare, la vita viene da sé". Notevole, inoltre, l’impegno politico ed emblematico è il riferimento ad una commedia di Dario Fo dal titolo “L’operaio conosce 300 parole, il padrone 1000. Per questo lui è il padrone”, a voler dire che per pensare ci vogliono le parole e si può pensare limitatamente alle parole che si conoscono: chi più parole conosce meno schiavo sarà! E poi il riferimento alla condizione della donna, espressione della grettezza di una società che purtroppo tarda ancora ad evolversi nel senso del rispetto e della giustizia. Al di là di ciò, mi preme sottolineare lo stile della scrittura, che a differenza di chi si perde nella ricerca di chi sa quali complicazioni, disorientando il lettore, ha il dono di essere chiara cogliendo a pieno quello che vuole esprimere senza rinunciare ad una ricchezza di particolari che affascinano.
All'autrice Paola Martini Devo dire che ci sono alcune cose che amo: i libri, la Toscana e le belle persone che amano la giustizia. Poi ci sono momenti che avrei voluto vivere ed il '68 è uno di questi, l'altro è la guerra partigiana. Tutte due, questi periodi storici hanno visto, al di là dei fatti dolorosi, un' unione tra le persone, come dici tu, che mai ho potuto vivere con la gente della mia età. Ho cercato villa Gina su Google e forse l'ho trovata se è quella in vendita. (peccato!) I momenti della tua infanzia mi hanno fatto ricordare i miei, vissuti dieci anni dopo forse a causa di uno sviluppo in ritardo e di una povertà non ancora passata. Ho stimato la tua Tata, una donna con i piedi per terra, la forza nelle braccia e la saggezza di chi ha dovuto essere grande già da piccola. Ho apprezzato tutta la storia, ma soprattutto il tuo modo di scrivere, la capacità di portare il lettore direttamente sul posto con la descrizione dei particolari.
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