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scheda di Luzzi, G., L'Indice 1998, n.10
Il sorprendente libro d'esordio di Bompressi è equamente distribuito tra liriche in versi e poemetti in prosa, orientati a propria volta su due direzioni avvertibilmente distinte, il discorso filosofico-speculativo e la intimità lirico-visionaria.Difficile dire che cosa sia in grado di sedurre maggiormente, se una lirica-epigrafe come "Nomi e stami", culmine della necessità di autotestimoniarsi del corpo murato, oppure certe pagine emotivamente politiche da cui sprizza, potente e universalizzante, un anarchismo umanitario di tradizione apuana, una antropologia della ragione libertaria con non poche venature di egualitarismo evangelico. Contro la parola dell'"intelligenza" che sancisce l'Io e lo divarica dall'Altro, Bompressi fa emergere dal suo osservatorio tenebroso il Corpo-Angelo: rovescio esatto del celebre "Combat avec l'ange" di Prévert, l'annunciatore solidale prepara la propria irruzione liberante in una fedele, quotidiana successione di visite, di preludi, di atti di intimità. Variamente sosia, doppio, alter ego, l'angelo è lo spirito del corpo che ha cura di se stesso, che spera. Ma né Dio né la speranza sono nominati da Bompressi: l'uno troppo astratto rispetto alla carnalità soccorrevole del messaggero, l'altra forse troppo politicamente, o meglio epistemologicamente, depistante. Poiché non è mai il futuro a risuonare: è un ostinato presente, un vivere del corpo-angelo qui e ora, un prendere atto, un far bastare la necessità del loro reciproco percepirsi. C'è il ritmo dei mistici in certi versi del libro, da Jacopone a Rebora; un ritmo scabro e spoglio ma di forte sapere letterario, sotto la brace, con calcolo. Ma ricorrono anche, non meno memorabili, certi notturni e albe di impressionante irrequietezza: quando lo scenario dell'annuncio si apre sul giorno nuovo da una lisca di muro della prigione di Pisa.
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