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Alfredo è un uomo con una vita normale e abbastanza noiosa, guarda al passato divertente con rimpianto e non è sicuro che esista un modo per cambiare l’esistenza qualunque che gli si prospetta. Eppure un modo teoricamente c’è, per tutti, molte risorse possedute non vengono sfruttate e a volte non si ha fede per riuscirci. Mi sembra che sia questa la chiave di lettura di un romanzo con elementi magici che porta più d’un omaggio a Talkien e ai suoi anelli, fate , gnomi ed elfi. C’è spazio anche per l’amore che non dura, per i viaggi di un’estate che rimangono nell’anima, per una leggenda e un po’ di musica. Il Jazz che sta a cuore all’autore. La trama tutta in teoria può far da testo a una canzone per via dei suoi ingredienti, durante il viaggio alla ricerca dell’anello che dà quel che gli si chiede, Alfredo stringe amicizia con Vito, emigrante pugliese di poche pretese, che con la sua simpatia spinge a leggere il resto. Barulli descrive ambienti, persone e relazioni con una sottile tenerezza: “sembrava una madonnina cinese. La porcellana si ruppe all’arrivo del taxi. Non riusciva a frenare le lacrime e il muco dal naso.” E anche amarezza, quella che attende all’angolo gli uomini troppo sognatori: “tu eri lontano e qui,non avremo avuto alcun avvenire insieme… Questo però lo sapevi anche prima… Saperlo è una cosa e viverlo è un'altra… abbiamo strappato un attimo di felicità in più alla vita, io ne ho un buon ricordo, non roviniamolo. …Non intendo scoprire in cosa sono fatto male, tanto non cambierei.” L’ultima battuta del dialogo tra Alfredo ed Eva mi ha fatto sorridere, ma in senso positivo, la pensavo come lui. Chi non ama non ama, stare a snaturarsi per far cambiare idea a qualcuno è deleterio, molto meglio rimettersi in viaggio quanto prima. Poi resta da scoprire se ha fatto male a credere in una fiaba, quella dell’anello, e a partire, così come ha ingenuamente creduto di trasformare in amore vero l’avventura di un’estate, oppure no. Bravo Barulli.
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