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Ma che vuol dire "circa"? Pressappoco, quasi, su per giù, più o meno, relativamente a....Il circa è il becchino della precisione, o un orologiaio pazzo che ne sposta gli orari, ma è anche il poeta che ne conosce a fondo ogni ricchissima infedeltà, ogni dilatato controcanto, ogni distorsione, ogni stortura, ogni meraviglioso allungo oltre i rozzi steccati dell'ovvio, del finito. L'aforisma è la fionda che getta il "circa " negli spazi più vasti, più sconclusi, più liberi, la pala che rovescia un cadavere di spalle e ci mostra le sue sfrontate linguacce, la beffa che raddrizza il buonsenso, un fuoco che sciacqua, un volo riuscitissimo in una carlinga più che tarlata, insomma la poesia quando detesta la cerimonia, l'obbligo, la logica. Le prove di tutto questo? Leggete Enrico Vaime, un Maestro di vera disobbedienza, di rassegnata genialità (perciò vivissima), una costola di Marcello Marchesi sgranocchiata con gioia nelle fetide cucine di un sociale penoso. A proposito di cucina: "Fritto mistico, Dio ce ne scampi e calamaretti". Una sola lettera a sovvertire le ragnatele del noto: "Chi si accontenta rode". Imbecillità sapidissime, talentuoso spreco di quel poco che solleva e allieta seriosi e ridicoli macigni: "Ho detto cuculo, non sono balbuziente". O la stupenda morale di un ditelo coi fiori: "Se son rose appassiranno". Il circa però è come in un autoritratto in questa maestosa fucilata: "La sua presenza colpiva poco. Quando qualcuno diceva "erano tre o quattro", "o quattro" era lui". Libriccino bellissimo, necessario come la stupidità finalmente nobilitata, infelice come il sorriso di chi sa tutto ma si sbriciola uguale in nuove folli insensate e formidabili lacrime, alto come l'intelligenza che raschia il barile e sa che ce n'è ancora. E poi, anche quando scopriremo davvero che "i sogni nel cassetto se li mangiano le tarme", potremo sempre rilassarci mormorandoci dentro: Vaime aveva ragione.
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