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Perriera tra un orfano e le farfalle capricciose
Come Momò allevato da Madame Rosa ne La vita davanti a sé di Emile Ajar, alias Romain Gary? Sono poche ed esili le affinità con Momò di Cosimo, protagonista del primo romanzo del palermitano Gianfranco Perriera, regista, saggista, autore teatrale, docente di recitazione. Ma piace pensare che la lettura di uno dei capolavori di Gary c’entri qualcosa con certe atmosfere e con gli esiti felici, con la tenerezza che a tratti anima L’amore custodito, un debutto, il cui titolo di lavorazione era Cosimo per le scale, un esordio letterario non si sa quanto a lungo meditato, ma che è maturo e senza sbavature e porta con sé una visione del mondo precisa. Il romanzo di Perriera, figlio di Michele e quindi cresciuto con stimmate letterarie e teatrali, è edito da Il Palindromo, casa editrice che aveva già accolto un suo racconto in una precedente antologia di autori palermitani.
Il romanzo di Perriera è ricercato, ma non ardito come certe soluzioni del suo modo di fare teatro. Bianca, la donna che si prende cura di Cosimo (orfano, di salute malferma, allevato in campagna dai nonni), lo inizia alla vita, gli fa guardare in filigrana il mondo, con ciò che di più bello e di più brutto c’è. Lo mette in guardia e lo sprona. E gli spiega quanto contino la letteratura e, in generale, la cultura. I libri sono farfalle capricciose, gli aveva confessato la vecchia signora. Così fragili, ma se son buoni davvero non si lasciano acchiappare con il retino. Non da chiunque, comunque».
Inevitabilmente L’amore custodito di Perriera è molto riuscito laddove si snoda in scene e prosceni teatrali. Nella traversina dove il protagonista attende, poco dopo mezzogiorno, il puntuale passaggio di Maria, «viso sottilissimo come le principesse dell’antico Egitto». Nello stabile malridotto in cui Cosimo vive con Bianca, dove raccoglie confidenze, custodisce segreti (su tutti quello terribile ed efferato del signor Quadria). Negli anfratti del cuore, che fanno il paio con certi ambienti logori dove si muovono i personaggi di Perriera. Nei luoghi, anche dell’anima, in cui tutto ha inizio e fine, in cui tutto si risolve, fra la vigilia di Natale e gennaio inoltrato.
Sebbene si diverta anche a divagare, la narrazione non perde mai di vista una cifra distintiva, una misura e un’eleganza rare. Sebbene ci sia qualche connotazione temporale, geografica, dialettale, colpisce la dimensione indefinita e raminga, fugace e misteriosa del romanzo, un punto di forza del testo, che gronda raffinatezza e intelligenza. E che si chiude con una morte, come La vita davanti a sé.
Recensione di Giovanni Leti
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