Quando Charles Dickens parte per l'America nel 1842, è forse l'uomo più famoso del suo tempo a recarvisi. Severo e attento osservatore della realtà sociale del suo paese, arriva nel Nuovo Mondo convinto di trovarvi realizzati gli ideali rivoluzionari di libertà, giustizia e progresso. Esplora così le regioni della costa orientale e dei Grandi Laghi degli Stati Uniti e del Canada, osservando da un punto di vista distintamente britannico la vita che vi si conduce. Di volta in volta critico, spiritoso e incisivo, questo diario di viaggio è uno sguardo unico sul Nord America del XIX secolo. Le descrizioni franche e spesso umoristiche raccontano tanto il viaggio per mare, comicamente miserabile, quanto il meravigliato stupore per la magnificenza delle Cascate del Niagara. Ma non tutto ciò che Dickens incontra sulla sua strada è destinato a suscitare ammirazione, e le rosee aspettative del famoso romanziere si infrangono di fronte agli aspetti più controversi di quella terra rivoluzionaria che, in capo a qualche tempo, comincia ad apparirgli come governata dal denaro, costruita sulla schiavitù, e male informata da una stampa corrotta. America è quindi la storia di un rapporto di amore e odio, verso gli Stati Uniti e i suoi abitanti, da parte di uno dei più moderni e "americani" rappresentanti del Vecchio Mondo.
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Non conoscevo questo libro di Dickens. E' un diario del suo viaggio in America e vi si trova di tutto: visite alle carceri e agli ospedali, agli orfanotrofi, mezzi e condizioni di trasporto, descrizioni delle città, critica degli stati del Sud per via della schiavitù, ritratti di personaggi. Tutto e niente alla fine. Perché li tocca soltanto, senza approfondirli. Non lo ritengo un diario molto riuscito, ma bisognerebbe sapere cosa si aspettassero i contemporanei.