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Il volume contiene 15 saggi dei due autori, su questioni centrali della linguistica odierna, sul panorama delle lingue d’Europa, sulla caratterizzazione e la varietà dell’italiano, delle lingue minoritarie e dei dialetti.
I. Orientamenti della linguistica. II. Grammatica. III. Per la storia della linguistica. IV. Soggetto e oggetto. V. Quante lingue per l’Europa?. VI. Varietà linguistica in Italia. VII. Dialetto e lingua. VIII. Parlato e recitato. IX. Anglismi e italianismi. X. Italianismi inglesi. XI. I tempi del passato. XII. Un «rudiment vénitien» del Settecento. XIII. I tempi dei «Sei personaggi». XIV. Il dialetto di Meneghello. XV. L’amanuense analfabeta di Stendhal. Indice dei nomi.
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Anna Laura e Giulio Lepschy raccolgono quindici saggi sulla storia della lingua, su alcuni fenomeni linguistici e su alcuni scrittori: tutti contributi nitidi e risolutivi. Lontani da posizioni che ancora perpetuano la tradizione del purismo linguaiolo delle nostre accademie e più ancora delle nostre pratiche didattiche, i Lepschy hanno attraversato gli anni ‘60 e ’70 distinguendosi da alcune tentazioni di facile rifiuto della “grammatica”, e hanno resistito, nei successivi decenni, a conversioni prevedibili e a raffazzonate riproposizioni delle abitudini più pigre, opponendo una coscienza lucida della positività delle varietà dell’uso dell’italiano. Si leggono con grande profitto alcune messe a punto sugli orientamenti della ricerca linguistica o sulla grammatica e la storia della linguistica. Ma particolarmente illuminanti risultano gli interventi sui nodi ancora scottanti, anche per le varie implicazioni extralinguistiche, dei “Tempi del passato”, del rapporto tra “Lingua e dialetto” e della “Varietà linguistica in Italia”. La situazione dell’italiano descritta in questi scritti dei Lepschy è quella di una dialettica ancora in movimento, nonostante le forti spinte alla standardizzazione presenti, piuttosto che nell’istruzione obbligatoria, nella televisione, con rischi (spesso sopravvalutati nei media) di impoverimento ma anche con processi originali di rivitalizzazione di diversi tipi di varietà, favoriti da una profonda modificazione del rapporto tra italiano colloquiale e letterario. Ne risulta “una minore tolleranza verso l’onnipresente retorica pomposa e altisonante, e lo sviluppo di un uso linguistico più chiaro, più semplice e più spontaneo”. Naturalmente la diffusione rapida della lingua nazionale comporta un maggior numero di utenti inesperti, ma i disturbi che ne derivano vanno considerati “di rodaggio”, e vi dovrebbe poter rimediare “un maggior impegno nell’istruzione”.
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