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Dettagli

2022
19 aprile 2022
224 p., Brossura
9788806252663

Descrizione

«Occhipinti, insonne, insisteva nell'ordinare champagne: le ho portato in sostituzione dello stesso dell'acqua, ma ha dimostrato, rovesciandomela in testa, di non gradirla. Tutti gli altri signori ospiti hanno dormito, tranne la signora Agosta, che continua ad andare al gabinetto e spacca tutto. Altro nulla da segnalare». «Altro nulla da segnalare» è la formula di rito con cui, nei primi anni Ottanta, si chiudevano i rapportini quotidiani degli infermieri del Servizio psichiatrico di diagnosi e cura dell'Ospedale Mauriziano di Torino, uno dei primissimi esperimenti di «reparto aperto» subito dopo la promulgazione della Legge 180. Chi finiva il turno riferiva con semplicità a chi lo iniziava quanto era avvenuto nelle ore precedenti: cose ordinarie e straordinarie. Episodi comici, tragici, feroci. In quelle note «c'era un'umanità che raccontava un'altra umanità, con benevolenza e un sincero sforzo di comprensione. Spesso erano entrambe umanità dolenti». Partendo proprio dai rapportini, e dai racconti fatti all'autrice dallo psichiatra del reparto Luciano Sorrentino – che un giorno è andato a casa sua affidandole uno scatolone pieno di tutte le carte che aveva accumulato negli anni –, Francesca Valente ha dato vita a un testo senza paragoni, dove il confine tra documento e scrittura letteraria è sempre mobile e indefinibile. A ogni pagina si avverte che la sua penna cerca qualcosa, mentre insegue le storie di pazienti, medici, infermieri, a partire dalle tracce a disposizione. Qualcosa che miracolosamente trova e ci mette davanti agli occhi.

Valutazioni e recensioni

4/5
Recensioni: 4/5
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Recensioni: 5/5

Il testo ha il carattere frammentario di un puzzle scritto a macchina. Francesca Valente ha la grande capacità d'illuminare le storie di pazienti psichiatrici dei quali in Italia si parla troppo poco e per i quali si fa troppo poco. I racconti non indugiano sulle patologie dei pazienti o sulle modalità di cura, ma sui tentativi di restituire dignità. Le donne e gli uomini sono descritti nelle loro parabole di vita perché "faticano a stare al mondo", ma soprattutto perché sono portatori di sogni, esperienze e percorsi. Incontriamo gli sguardi di medici, infermieri, famiglie che si prendono cura delle persone senza mai lasciarsi offuscare lo sguardo dalle malattie. Incontriamo scintille di vita oltre i momenti di buio. Conosciamo legami, passioni, singolarità. Tra le righe possiamo interrogarci molto frequentemente sulle loro come sulle nostre fragilità senza compiangerci, ma forse diventando più consapevoli.