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Anno edizione: 2020
Anno edizione: 2020
Dalle visite in carcere che fece Carlo Maria Martini lungo tutto il suo mandato episcopale nasce la riflessione racchiusa in queste pagine
«Chi sbaglia può sempre correggersi: sicché come esigono i principi costituzionali, la pena deve guardare sempre al futuro» - Marta Cartabia
«Prima di ogni altra cosa, ciò che andrebbe epurato dal linguaggio e abolito dalle pratiche mondane - non solo quelle penali - è proprio la crudeltà» - Adolfo Ceretti
“Entrai a piedi nella città, passai di fianco alle grandi carceri di San Vittore, diedi una benedizione e pensai: lì vivono migliaia di persone che devo andare a trovare.” Con queste parole Carlo Maria Martini ricordava il suo ingresso a Milano il 10 febbraio 1980. Dalle visite in carcere che fece lungo tutto il suo mandato episcopale nasce la riflessione racchiusa in queste pagine: come e perché fare in modo che la pena sia giustizia ma anche ricomposizione? Marta Cartabia, presidente della Corte costituzionale, e Adolfo Ceretti, docente di Criminologia, si confrontano con il magistero di Martini spiegando il valore che esso continua a racchiudere e la necessità ancora viva di ciò che l’arcivescovo auspicava: una giustizia che ricucia i rapporti piuttosto che reciderli, promuova i valori della convivenza civile, porti in sé il segno di ciò che è altro rispetto al male commesso.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
La "Martini Lecture" del 2020, anno del Covid19, è dedicata al tema della giustizia riparativa. L'inquadramento storico delle parole del Cardinal Martini operata dal criminologo Adolfo Ceretti introduce la lezione della presidente emerita della Corte Costituzionale Marta Cartabia.
Marta Cartabia e Adolfo Ceretti hanno scritto un saggio dal titolo augurale, aperto a un futuro generosamente propositivo: “Un’altra storia inizia qui”. Quale storia, dunque? E “qui” dove? La storia è quella che riguarda sessantamila persone rinchiuse nelle carceri italiane: storia che può diventare “altra” a partire da un “qui” di ripartenza, educativa e socializzante. Il sottotitolo del volume, “La giustizia come ricomposizione”, pare infatti auspicare una giustizia capace di promuovere i valori della convivenza civile, ricucendo i rapporti interpersonali invece di reciderli. Le riflessioni degli autori si articolano in due interventi - tenuti al Centro Carlo Maria Martini - che prendono le mosse dalla testimonianza profondamente umana ed empatica del Cardinale, che nei 22 anni del suo mandato arcivescovile si mostrò molto sensibile alla questione della giustizia. Ceretti arricchisce il proprio dotto contributo non solo con le considerazioni filosofiche di Hume, Simmel, Rorty, Shklar, Ricoeur, ma appunto con le riflessioni che Martini maturò sulla pena detentiva e sulle condizioni di vita nelle prigioni. Le sue meditazioni tendevano in primo luogo a incoraggiare una giustizia non puramente punitiva ed emarginante, ma semmai riparativa, in grado di riequilibrare anche la relazione tra vittime e rei. Cartabia approfondisce le tematiche suggerite dal collega con rafforzata, partecipe finezza, testimoniando la sua affinità con le tesi di carità evangelica ricavabili dalla riflessione martiniana: la dignità della persona, e la costruzione di un sistema penitenziario efficace, in grado di tutelare la sicurezza dei cittadini e di ripristinare l’armonia dei rapporti sociali. Nessuna ritorsione vendicativa della collettività nei riguardi del reo, quindi, ma come indicava Martini “riconoscimento e riconciliazione”: riconoscimento del male compiuto e ammissione delle responsabilità da parte del colpevole, riconciliazione per ricostruire i legami spezzati dall’agire iniquo.
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