Cessate il fuoco! Ora! Questo grido, rivolto in particolare alle due più sanguinose guerre in corso – tra le 60 attualmente in atto nel mondo –, in Ucraina e in Palestina, ha attraversato le piazze e le strade delle principali città del Sud e del Nord del globo terrestre […]. Come ogni anno le ricerche del Censis, grazie al loro linguaggio immaginifico, oltre che per la qualità del contenuto, lasciano il segno, spesso racchiuso in una parola o in un’espressione che diventano rapidamente un “tormentone” cui nessuno, o quasi, riesce a sottrarsi. […] La parola in questione è “sonnambulismo”, coloro che ne sono affetti sono i “sonnambuli”. Come è noto così si intitola la trilogia di Hermann Broch, scritta tra il 1931 e il 1932, anni cruciali per la storia europea del Novecento. Il teatro in cui si svolge la trama dei tre romanzi è quello della Germania guglielmina, prima nel 1888, poi nel 1903 infine nel 1918. Per l’autore la Germania, lungo quei trent’anni e in quei tre anni in particolare, viene vista come un ambito percorso e scosso da una domanda cruciale: che cosa è l’uomo di fronte a un mondo che si scopre in preda a un processo di disgregazione dei valori? Diversi decenni dopo, lo storico australiano Christopher Clark si impossessa dello stesso titolo per una sua importante ricerca sulle condizioni e le cause che portarono alla Prima guerra mondiale. Nelle pagine conclusive del suo libro si legge: “gli uomini del 1914 sono nostri contemporanei […] Il primo ministro britannico Herbert Asquith scrisse nella quarta settimana di luglio dell’approssimarsi dell’Armageddon, la battaglia finale. I generali francesi e russi parlarono di una ‘guerra di sterminio’ e della ‘estinzione della civiltà’. Lo sapevano, ma lo percepivano veramente?”. Clark vede qui la differenza tra gli anni precedenti al 1914 e quelli successivi al 1945: “Negli anni Cinquanta e Sessanta, gli uomini al potere e la stessa opinione pubblica coglievano in modo istintivo il significato di una guerra nucleare: le immagini del fungo atomico sopra Hiroshima e Nagasaki erano entrate a fare parte anche degli incubi delle persone comuni. Di conseguenza, il più grande riarmo della storia umana non culminò mai in una guerra nucleare fra le superpotenze”. Ecco, possiamo noi ora nutrire lo stesso velato ottimismo che traspare da queste ultime parole? Il dubbio è più che lecito. E si tratta di un dubbio carico di orrore.
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