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Anno edizione: 2011
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La Prigioniera costituisce per Proust la sfida di riuscire a fare qualcosa con niente. Per niente? Albertine è reclusa, imprigionata nello spazio limitato del narratore: è ora tutta sua, ed egli è veramente padrone, ma “più padrone, vale a dire più schiavo”. Nello spazio limitato di un appartamento, però, si espande un mondo smisurato: la musica, con la frase di Vinteuil e la perversione della figlia di Vinteuil, Wagner, Fortuny e le sue stoffe, Bergotte e il suo isolamento, la letteratura, i tranquilli pomeriggi di strazio con Albertine. C’è tempo qui anche per osservare il crollo finale del Barone di Charlus, il personaggio che è il filo conduttore delle idealizzazioni del narratore. Tutto porta alla conclusione stupefacente e ovvia assieme: Albertine se ne va. Da leggersi come uno straordinario paradigma di ogni rapporto d’amore, dell’incanto, dell’invadenza e del soffocamento che l’amore e la convivenza contengono.
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