Il 1905, anno della prima rivoluzione russa, ha segnato uno spartiacque anche nella storia della Chiesa ortodossa. Gli anni che seguirono furono anni di risveglio, di dibattito, di confronto sul rinnovamento dell’istituzione ecclesiale, necessario per adeguarla alle trasformazioni in atto nella società, tramite innanzitutto la convocazione di un Concilio e l’abbattimento del sistema sinodale, con cui Pietro il Grande aveva sostituito l’istituzione del patriarcato. Paradossalmente, la rivoluzione del 1917, con le conseguenze fatali che avrebbe avuto sulla vita degli ortodossi, si abbatté sul paese e sulla Chiesa proprio nel momento in cui era stato finalmente convocato il Concilio e ripristinato il patriarcato. La distruzione della Chiesa e la sua estraniazione dal tessuto sociale avvennero per gradi ed ebbero il loro climax negli anni del «grande terrore» staliniano, quando gli spazi di sopravvivenza dei credenti all’interno della società sovietica si restrinsero e l’ortodossia di matrice kieviana, come nel resto dell’Urss, fu sottoposta alla repressione. L’osservatorio prescelto è Kiev, città polimorfica, nella cui storia influenze diverse sono confluite a formare una sintesi originale. Importante centro dell’ortodossia del mondo dapprima russo-imperiale e poi sovietico e, al tempo stesso, riferimento a cui guardava il movimento nazionale ucraino, Kiev è stata considerata dagli uni «madre delle città russe», quale luogo del battesimo della santa Rus’, e dagli altri capitale esclusiva della propria storia e cultura. A quasi vent’anni dalla prima edizione, questo libro costituisce una bussola per orientarsi nella complessità dell’ortodossia ucraina, che ha conosciuto una rinnovata attualità in questi ultimi anni, soprattutto a causa dello scontro tra Russia e Ucraina, sfociato nell’aggressione del 24 febbraio 2022. Prefazione di Roberto Morozzo della Rocca.
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