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Nonostante al 2021 siano ancora in attività, per la maggior parte dei fans gli Alice in Chains si sono sostanzialmente esauriti con l'abbandono della band da parte del vocalist Layne Staley e la successiva scomparsa dello stesso (2002). Il quartetto ha avuto, sì, una seconda vita post-Staley, ma i brani leggendari sono tutti racchiusi nella prima parte della sua discografia. Che è quella che affronta questo Greatest hits, opera composta da dieci pezzi appena, ma che si propone di rispolverare tutti i singoli prodotti dagli AiC nella loro carriera fino al 2001, data di uscita di questa raccolta. L'apertura con Man in the box, da Facelift (1990), racconta le origini tra metal e glam rock del complesso, che muta immediatamente le sue sonorità verso distorsioni più pesanti, intrecci vocali particolareggiati e memorabili riff chitarristici, come quelli di Them bones o di Angry chair. Non mancano poi nell'album l'antimilitarista Rooster, l'onirica Heaven beside you, la ballata No excuses e il singolone di successo Would?, che ha portato definitivamente alla ribalta la band nel 1992: una compilation gustosa per i fans sfegatati degli Alice in Chains, ma soprattutto ideale per chi vuole per la prima volta approcciarsi alla discografia del gruppo.
Per capire l'effettiva prorompente forza dei granitici riff della chitarra di Jerry Cantrell, la straziante bellezza della voce ipnotica di Layne Staley e la densità magmatica delle ritmiche dettate dalla batteria di Sean Kinney sapientemente intersecata al basso di Mike Starr (fino a Dirt incluso, 1992) e successivamente Mike Inez (da Jar of flies, 1993, in avanti), questo cd può decisamente bastare. Per quanto composto da soltanto dieci brani, il Greatest hits degli Alice In Chains ripesca i dieci singoli di maggior successo - fino a quel punto - della pur breve carriera della band di Seattle e mette in mostra i suoi gioielli senza neppure ricorrere al classico stratagemma della bonus track, dell'inedito di circostanza o del remissaggio. Nudi e crudi, questi sono gli AIC: la band capace di stupire con le gravi atmosfere di Grind, di ammaliare con l'acustica No excuses, di trascinare con schegge infuriate come Would? o Them bones, di incantare e cullare con ballate del calibro di Heaven beside you e I stay away. Un Greatest hits semplice per un gruppo di non semplice ascolto: gli Alice In Chains hanno saputo infatti fondere quanto rimaneva dell'hard rock alla fine degli anni Ottanta, quando si formarono, con le nascenti, morbose istanze del grunge, mescolando insieme suoni distorti e puliti, urla di sofferenza generazionale come in Man in the box a cori immortali, da storia del rock come quelli di Rooster.
Criptici, questi Alice in Chains, ma arrivano dritti senza nessun preambolo al cuore, centrando in pieno il bersaglio col loro dardo fiammeggiante riverberato! :-)
Recensioni
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