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L'incessante sorgere del sole del mattino ammanta di silenzio le vie della città, il silenzio che la notte trascina. Port-au-Prince si risveglia nel fumo che avvolge corpi dall'anima dimenticata, la minaccia del nuovo giorno che incombe. Così Jean-Euphèle Milcé esplora le tematiche più intime di Haïti, interroga la società e il testo ne diventa la risposta. L'autore, nato a Passe-Reine (Gonaïves) nel 1969, ha studiato linguistica applicata, insegnato letteratura creola e fondato con il romanziere Lyonel Trouillot la rivista "Lire Haïti". Nel 2000 si trasferisce a Friburgo. Vince, nel 2004, il prestigioso Prix Georges-Nicole, destinato a opere inedite in lingua francese di autori svizzeri o residenti in Svizzera, grazie al romanzo L'alphabet des nuits pubblicato in seguito dall'editore Bernard Campiche (Orbe). Nel 2006 torna a vivere nella sua terra, lavorando come consulente presso istituzioni locali e internazionali e continuando a dedicarsi alla scrittura.
Il narratore, Jeremy Assaël, ebreo di origine sefardita sull'isola da tre generazioni, che si considera "l'indegno erede di una stirpe di commercianti", inizia il suo cammino alla ricerca dei luoghi della fanciullezza e soprattutto dell'amico d'infanzia e amante Fresnel. Causa della svolta, l'uccisione davanti al suo negozio di Lucien, sua guardia del corpo e compagno di notti complici d'amore, paure, progetti per il giorno a venire. Riaffiorano alla sua mente i soprusi di fratello Pascal, nel viaggio si imbatte in danze, percussioni, riti e zombi vaganti (tipiche figure della cultura haïtiana, molto lontane dagli stereotipi proposti dal cinema). Tre sono le vie che percorrerà per giungere a un punto d'arrivo che non sarà mai l'ultimo: l'incontro con il missionario che vive sulla montagna, il pastore Johnny Bell; la visita a Zaccharias, "capo dell'armata delle notti selvagge" e come ultima tappa l'accesso al mondo dei non-vivi guidato dall'hungàn Edner, sacerdote del vudù. Da qui un nuovo esilio si preannuncia.
La sottile ironia di Jeremy, personaggio volutamente caricaturale, ricompone con il suo percorso un'opera musiva tracciando le tematiche distintive dell'isola, tra cui la condizione di esule, così tipica delle letterature postcoloniali, anche se declinata con altre valenze: "Sei un ebreo errante e il tuo posto è la strada". Evoca, poi, la dittatura vissuta e temuta del periodo Duvalier che prende voce con sprazzi di notizie radiofoniche, la violenza, il disordine, l'oppressione che si incontrano a ogni passo nelle vie, gli abusi di potere della chiesa che plasmano l'intima ingenuità di innocenti fanciulli, il sincretismo religioso, così haïtiano, che confluisce nel vudù e che trova risposta in mondi altri. Il romanzo, che si articola nell'intervallo spazio-temporale di poco più di un mese, non vuole apparire come un testo di denuncia, ma tenta, con successo, di delineare il quotidiano, di raccontare l'essenza di ogni singolo individuo. Haïti come paese di arrivo, Haïti come paese di partenza, Haïti paese di tutti e di nessuno, dagli individui dal passato perduto e dal futuro sospeso.
Il testo, già tradotto in inglese nel 2007 con il titolo Alphabet of the Night, oggi vive anche in lingua italiana e mantiene a buon diritto termini in lingua creola, accompagnati da note del traduttore. Segue una sua puntuale postfazione, corredata da personali percorsi di lettura e suggerimenti di visione e di ascolto, che ci consegnano definitivamente alle notti haïtiane.
Giusy Cutrì
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