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Alessandro Schiavi. Dal riformismo municipale alla federazione europea dei comuni. Una biografia: 1872-1965 - Carlo De Maria - copertina
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Alessandro Schiavi. Dal riformismo municipale alla federazione europea dei comuni. Una biografia: 1872-1965 - Carlo De Maria - copertina

Descrizione


Alessandro Schiavi (Cesenatico 1872-Forlì 1965) studia con Antonio Labriola all'Università di Roma, laureandosi in giurisprudenza nel 1895. Nella capitale si afferma come giornalista e studioso di scienze sociali. Entra nella prima redazione dell'"Avanti!", dove rimane fino al 1903. Si trasferisce, quindi, a Milano, allora in piena crescita demografica e industriale, e i suoi interessi si definiscono lungo due filoni principali: l'indagine sociale sulla condizione operaia e l'edilizia popolare. È funzionario della Società Umanitaria, direttore dell'Istituto per le case popolari e assessore comunale nelle prime giunte socialiste della città lombarda (1914-22). Sotto il fascismo non abdica all'impegno intellettuale e sfida la censura del regime, collaborando come traduttore con Giovanni Laterza e Benedetto Croce. Nel secondo dopoguerra è tra i protagonisti della ricostruzione in Romagna, senatore socialdemocratico nella seconda legislatura repubblicana e fervente europeista. Prima ancora che per una federazione di Stati (di governi centrali), Schiavi lotta per una federazione di comunità locali, da realizzare attraverso il Consiglio dei Comuni d'Europa, nato a Ginevra nel 1951.
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Dettagli

2008
1 gennaio 2008
328 p., Brossura
9788849131086

Voce della critica

Questa biografia, composta grazie a un ampio scavo archivistico e a un vaglio dello stesso Fondo Schiavi, costituisce un modello anche per l'equilibrio tra meticolosa ricostruzione ambientale e controllata adesione alle ragioni del protagonista. Il rischio di un declino degli studi sul socialismo italiano e sulla sua componente riformista, in una stagione nella quale tutti rivendicano di essere stati in qualche modo riformisti e la tradizione socialdemocratica viene giudicata, o liquidata, a partire dai suoi amari esiti, è più che imminente. In realtà, l'esperienza di persone come Schiavi testimonia la ricchezza di un apporto che in certe fasi appare addirittura di eccezionale lungimiranza. Si pensi al ventennio conclusivo della sua lunga vita, quando Schiavi si impegnò in una battaglia europeista incentrata sulle autonomie locali, accettando così una sfida che la sinistra italiana tardò a comprendere o criticò dall'esterno. Gli anni di funzionario all'Umanitaria di Milano segnarono uno dei momenti alti della sua riflessione sulla città. Oggi se ne vedono le illusioni, ma insieme si coglie la penetrante analisi sociologica. I toni della sua critica della modernità poterono essere scambiati da Gramsci per "fanfara fordistica", ma in realtà innestavano nella cultura del movimento operaio proposte meritevoli del più ampio ascolto. La linea editoriale della quale fu promotore con Laterza, con la traduzione di autori quali De Man e Déat, si rivelò ai suoi stessi occhi improduttiva, se non errata in partenza. Certe notazioni di diario dell'ottobre 1940 rivelano una nuova sensibilità verso le tematiche del liberalsocialismo, difficilmente conciliabili però con una concezione del socialismo (da parte del Psli, 1947!) come "un altro cristianesimo, un'altra sorta di comunità religiosa".
Roberto Barzanti

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