La poesia di Mimosa Pulaj in quest’ultimo volume si è arricchita di un nuovo colore nel suo spettro, di una nuova dimensione nello spazio, della dimensione sottilissima ed infinita della maternità. Canti di una madre per il figlio: non ninne nanne per il bimbo,ma canti d’amore, d’incoraggiamento, di gioia, di nostalgia e di vittoria. L’io lirico dell’Autrice cammina parallelamente al Tu del figlio, che è presente e assente nella sua poesia. È la poesia di un’emigrante che si rivolge ad un altro emigrante che ha il suo stesso sangue. Una poesia che abbraccia due continenti, che sprofonda nelle viscere della Terra Madre, che s’innalza fino al cielo. Una poesia ermetica come un sole oscuro che irradia luce. Una poesia fra ermetismo e post-ermetismo. Madame De Staël affermò in una celebre frase “Il genio non ha sesso” e diceva il vero nel senso che, secondo la nostra convinzione, a livello estetico non esistono frontiere fra le letteratura maschile e quella femminile, che le differenze, se si ammettono, sono soltanto storiche e culturali (di numero, di contenuto). Uno dei più antichi poemi della storia (scritto nel 2150 a.c.) è opera di una donna, una principessa sumeriana, Enheduana, la figlia dell’imperatore Sargone il Grande. E Saffo, nell’antica letteratura greca, raggiunse i vertici della poesia lirica, pari ad Alceo. Nell’antichissimo genere della poesia, fin dai primi tempi, uomini e donne camminarono parallelamente. Più tardi vi furono autrici che determinarono svolte nelle letterature del loro paese (la Staël nella letteratura francese, nei tempi moderni la Woolf nella letteratura inglese, la Dickinson nella letteratura americana). La poesia (e in genere l’arte) è ermafrodita. Però i poeti maschi non percepiscono (o percepiscono assai difficilmente) in tutta la sua completezza il raggio ultravioletto della maternità, che scaturisce dalla profondità del sangue, dalle viscere delle poetesse donne. Il talento ha anche i suoi limiti. Se la poesia femminile è pari in bellezza a quella maschile, è necessario aggiungere che è maggiormente ricca di intuizione, freschezza e sensibilità, perciò più vicina all’ideale della “poesia pura”, meno viziata dal contenuto ideologico. Questa freschezza e sensibilità caratterizza anche la poesia della Pulaj, per quanto la suddetta poesia, essendo profondamente moderna, sia poesia di pensiero ed elitaria che, in genere, rifugge dagli sfoghi appassionati del sentimento cari ai romantici. Vi sono poetesse in cui predomina il sentimento, una certa ingenuità quasi infantile (nel loro “io” lirico prevale il “fanciullino” del Pascoli), altre che raggiungono mirabili effetti di eufonia. La Pulaj predilige il verso libero (per cui si preclude le armonie di poesia che promette la sua lingua natale, ricchissima di suoni, armonie raggiunte da alcuni poeti albanesi, cultori della forma come Lasgush e Noli). Il ritmo della sua poesia non è ostacolato da regole di rima e metrica, è un ritmo interno, un ritmo di respiro e di spirito, perciò ammette una poesia bilingue come quella dell’autrice, poiché la perfezione di certi effetti musicali, caratteristici di date lingue, possono rendere alcune poesie intraducibili o quasi. È un ritmo caratterizzato da alti e bassi, con cadute e balzi improvvisi, con versi brevi come l’ansito del respiro, con esplosioni istantanee da cui scaturiscono parole – chiave. La poesia di Mimosa è dominata dalla metafora, è tutta pervasa dalle metafore che si trasformano di volta in volta in simboli. Queste metafore sono non di rado doppie ed anche triple con un sapore di poesia orientale. La fantasia ardita di Mimosa unisce in queste metafora l’astratto ed il concreto, in alcuni casi due nomi in altri nomi ed aggettivo. Sono, metafore che spesso si allargano fino ad abbracciare lo spazio carta dell’onda, tela dell’Universso, respiro della notte, bianche di bugie, scariche di luce, nudità della luce, lingua dei tramonti, lettere dorate di stelle, linfa d
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