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La vicenda di Akhenaton – uno dei faraoni dell’Antico Egitto forse meno noti al pubblico medio, eppure di grandissimo rilievo storico – presenta tuttora molti lati oscuri, nonché pesanti contraddizioni, tanto da suscitare ancor oggi, presso gli egittologi, costrastanti sentimenti di simpatia e di avversione. Secondo alcuni, infatti, egli fu un dittatore senza pietà, un iconoclasta, un intollerante; per altri, invece, fu un filosofo, un poeta, un mistico, un uomo tutto dedito alla famiglia e al popolo. Salito al trono nel 1372 a.C. col nome di Amenofi IV, il faraone mutò presto il nome in Akhenaton e avviò una rivoluzione senza precedenti: introdusse il culto dell’unico dio Aton, o dio sole (dio luce, dio vita), bandendo tutti gli altri dei del pantheon egizio; promosse la lingua parlata al rango di lingua ufficiale (neoegiziano); fondò la “città santa” di Akhenaton; ispirò infine un movimento artistico in aperta rottura con la tradizione, più realista e meno convenzionale. Akhenaton, dunque, appare ai nostri occhi come primo uomo “moderno”, il quale ha tentato di spiegare, millenni prima di Einstein, l’intero universo a partire da un unico principio, fisico e spirituale insieme, la luce. Per questo, la sua eredità è, in un certo senso, straordinariamente attuale.
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