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Per il Giappone, com'è noto, il periodo Meiji (1868-1912) costituisce l'inizio dell'era moderna in cui, nel giro di poco più di quarant'anni, avviene la trasformazione, stupefacente e traumatica, da paese feudale a moderno stato industriale. È proprio in questi anni cruciali che si consuma il distacco tra le due anime, oramai proverbiali, del Sol levante, una occidentalizzante, modernista e tecnicista, l'altra rigidamente tradizionale, violentemente nazionalista e legata in modo indissolubile ai costumi e alle cerimonie del passato.
Spesso i manga, i fumetti giapponesi che ormai da più di un decennio si sono diffusi capillarmente in tutto il mondo rappresentano - senza per questo interrogarvisi coscientemente - un indice sensibile delle conseguenze di questo lacerante contrasto sull'immaginario collettivo nipponico: dai giganteschi robot post-atomici che combattono mostri alieni con metodi desunti dal codice dei samurai, alle giovani e maliziose eroine che lottano nei bassifondi della Tokio contemporanea seguendo le antiche regole delle arti marziali, l'inquietudine adolescenziale ritrova il modello di una rigida etica del sacrificio e della spiritualità mescolata a un idealismo magico di matrice esoterico-tecnologica.
Jiro Taniguchi e Natsuo Sekikawa hanno invece scelto, con lucida consapevolezza e grande eleganza formale, di affrontare in un fumetto le origini stesse del binomio che ormai da un secolo unisce la feroce nostalgia di un passato gelosamente autarchico alla necessità di tuffarsi nel futuro, adeguandosi alle mode e agli stili dell'occidente. È nato così Ai tempi di Bocchan, un manga complesso e articolato (suddiviso nell'accurata edizione italiana in sette volumi) che ripercorre i principali episodi della vita di alcuni importanti scrittori dell'epoca meiji, tra cui in particolare Soseki, professore di letteratura inglese, profondo conoscitore della cultura occidentale e, al tempo stesso, inguaribile nostalgico, pronto a interpretare come segnale di decadenza ogni indizio della svolta modernista in atto. Intorno a Soseki si muovono i suoi studenti divisi tra ferventi nazionalisti, seguaci del cambiamento, e socialisti duramente conculcati da una polizia autoritaria, che contribuiscono a ricreare, con grande precisione, l'ambientazione storica. La narrazione, secondo la tradizione orientale, si dipana lentamente, senza vistosi colpi di scena, ritmata dall'inesorabile susseguirsi delle stagioni, quasi un implicito controcanto ai rozzi e bruschi mutamenti storici; le tavole, luminose, in una variazione cromatica dal bianco al grigio che esclude i contrasti violenti, sono accuratissime, "pulite", trasparenti", "impalpabili", come dice lo stesso Taniguchi, e al tempo stesso ricche di omaggi tanto alla tradizione pittorica giapponese quanto alla ligne claire della bande dessinée. Un'opera dunque certo anomala rispetto alla grande invasione di manga che invade le edicole nostrane con prodotti spesso scadenti, e che serve a dimostrare, per chi ancora avesse dei dubbi, che il fumetto giapponese può produrre testi di grande levatura i quali, a una raffinata poetica dellÆunderstatement, uniscono un imponente sforzo compositivo.
Chiara Bongiovanni
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