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scheda di Vignozzi, A., L'Indice 1996, n. 5
La colonizzazione romana dell'Africa, propiziata dall'esiziale duello con la concorrente Cartagine, ha costituito in campo architettonico e urbanistico l'occasione per un interessante confronto tra la specificità dei luoghi, delle preesistenze e delle tradizioni costruttive locali con l'inflessibile disciplina tecnologica e formale della cultura dominante. Se a questa considerazione si aggiunge il dato che la maggior parte delle rovine romane in terra d'Africa risalgono a quella fase inquieta e conturbante dell'epoca imperiale che risulta compresa tra il IIe il III secolo d.C., si può agevolmente intuire quanto ricca di suggestioni e di riflessioni possa rivelarsi la consultazione di questa agile guida. A prescindere dall'individuazione delle non infrequenti anticipazioni del lessico barocco in campo architettonico, uno degli esercizi più stimolanti che l'ampia documentazione grafica induce a praticare è ad esempio la verifica delle diverse modalità con cui il classico impianto urbanistico fondato su cardo e decumanus si è venuto di volta in volta sovrapponendo alla preesistente maglia viaria secondo soluzioni che oscillano da un massimo di rigidità a Timgad (Thamugadi) a un massimo di elasticità a Tiddis (Castellum Tidditanorum). L'ordine rigoroso della struttura espositiva e la scarna essenzialità delle notazioni contribuiscono poi, assai più di qualsiasi elucubrazione esegetica, a focalizzare l'attenzione sia sulla valenza metodologica delle citate regole insediative, che sul fascino indiscusso di emergenze morfologiche altamente evocative. Dove alla classica eleganza dei celebri padiglioni ottagonali del mercato di Leptis Magna vediamo affiancarsi la desolata trascendenza del mausoleo tetrastilo di Ammaedara e l'arcana esuberanza dei tre templi gemelli del Foro di Sufetula.
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