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In questo “libretto innocuo e gentile” De Pisis chiarisce cosa si debba intendere per eleganza, non solo nella gestualità, nella conversazione, nella maniera di rapportarsi agli altri, ma soprattutto nell’abbigliamento. L’autore non teme la facile critica di chi volesse accusarlo di futilità o frivolezza, e nella premessa difende la propria convinzione che qualunque argomento “sia egualmente leggero e profondo a seconda del modo in cui viene trattato”. L’abito fa il monaco, e “l’esteriore influisce più di quanto qualcuno potrebbe credere sull’interiore”. In una trentina di capitoletti, l’autore indica quali siano i capi di vestiario cui gli uomini debbano prestare più attenzione, e la maniera più opportuna di indossarli: dalle cravatte ai cappelli, dalle scarpe ai foulard, dalle spille alle tute da lavoro. E la galleria fotografica offerta al lettore ci mostra un Filippo De Pisis “in posa”, dagli anni giovanili alla maturità, in atteggiamento di squisito dandy, oppure con travestimenti seriamente giocosi (da umanista, da gondoliere, da carrettiere romano in varie città europee): sempre concentrato sull’esposizione all’occhio fotografico, in un’ideale sfilata di moda con sé stesso come unico protagonista. Risulta evidente e mai rinnegata l’aristocraticità della persona, il proprio amor sui, l’impegno costante nella costruzione del personaggio pubblico. Il famoso pittore si diffonde generosamente in consigli sulle necessarie “combinaisons” dell’abbigliamento: evitare i contrasti stridenti, utilizzare poche tonalità di colore, scegliere tessuti pregiati e fatture curate, sottrarsi a qualsiasi preziosismo pacchiano. E poi badare al taglio dei capelli e della barba, maneggiare ombrelli e bastoni da passeggio con studiata nonchalance, scegliere spille-gemelli-bottoni-ciondoli poco vistosi ma ricercati. Eccezionale precorritore dei nostri più celebri fashion adviser, e più di loro in grado di offrire una base teorica alle proprie opinioni estetiche.
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