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L'ultimo volume di Clara Mucci raccoglie una serie di interventi pubblicati per lo più in inglese su numerose riviste italiane e americane, tra cui "Literature and Psychology", confermando il decennale lavoro che l'autrice ha dedicato a quell'affascinante e talvolta incerto territorio di confine tra la letteratura femminile e la psicoanalisi. L'ipotesi di fondo sviluppa, in senso kristeviano, l'idea del femminile come macrometafora di tutto quanto viene estromesso dall'ordine patriarcale per diventare luogo della costruzione simbolica dell'alterità rispetto a una cultura androcentrica; luogo, quindi, di una significazione eccedente e in definitiva perturbante per la conservazione di un assetto sociopolitico che ne sospetta la possibile sovversività. Proposito specifico di questi studi è di stabilire un significativo punto di evoluzione nel filone decostruzionista e dei gender studies , in cui esplorare e portare a compimento l'idea della contiguità tra meccanismi funzionali dell'inconscio e della letteratura, laddove entrambi si servono dell'interpretazione come strumento di recupero del senso: se la psicanalisi studia il ritorno del represso individuale, la letteratura, più o meno consapevolmente, descrive il ritorno del represso collettivo di un'epoca e, attraverso il suo mascheramento formale, può dare voce a quel "disagio della civiltà" altrimenti tacitato. Il volume interseca e raccorda in questa prospettiva la produzione di monumentali scrittrici, come Karen Blixen e Virginia Woolf, che esemplificano una sorta di insularità "esistenziale, linguistica e geografica" rispetto al canone del primo Novecento, con autrici vittoriane, come George Eliot e Charlotte Brontë, che, pur aderendo formalmente alla tradizione letteraria in cui si collocano, riescono a sovvertirla dall'interno, con dinamiche ed esiti più sottili. Così facendo Mucci arriva a indicare il percorso ermeneutico che conduce alla scoperta dei luoghi di frattura del testo in quegli scarti di significato, come il gioco di parole, che sospendono temporaneamente la struttura ordinata della normatività linguistica attraverso dei meccanismi stilistici inquietantemente simili a quelli primari dell'inconscio.
Raffaele Teofili
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