L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
IBS.it, l'altro eCommerce
Cliccando su “Conferma” dichiari che il contenuto da te inserito è conforme alle Condizioni Generali d’Uso del Sito ed alle Linee Guida sui Contenuti Vietati. Puoi rileggere e modificare e successivamente confermare il tuo contenuto. Tra poche ore lo troverai online (in caso contrario verifica la conformità del contenuto alle policy del Sito).
Grazie per la tua recensione!
Tra poche ore la vedrai online (in caso contrario verifica la conformità del testo alle nostre linee guida). Dopo la pubblicazione per te +4 punti
Tutti i formati ed edizioni
L'esordio narrativo fintamente giovanilistico di un professore di mezza età (classe 1966, Luciano Curreri è ordinario all'Università di Liegi: per l'accademia italiana, un pischello) centrifuga in dieci brevissimi racconti schegge di "rancore" e sussulti di scomposto vitalismo: le une e gli altri refrattari a qualsivoglia tardiva resipiscenza. Storia diffratta degli incidenti di un tormentoso "apprendistato intellettuale" (e, accessoriamente, erotico-sentimentale), verbale frammentario e fantasmatico di una sconclusionata esuberanza (culturale e sessuale), A ciascuno i suoi morti è libretto provocatorio fin dal titolo: che torce il collo all'abusata retorica della memoria collettiva, degradandola nella finzione teatrale e quasi psicotica di un esibito individualismo, i "morti" essendo i volti negati di un'identità che si è formata per selezione violenta ("Pezzi miei, morti, dentro il mio corpo vivo"). Scrittura dell'io, dunque, come suicidio rituale, suggerisce il testo più scopertamente autoriflessivo, Monodiavolo; e come virtuosistico esercizio di condensata autofiction: le "palle" facendo non di rado aggio sulla "realtà". Convulso ritratto di un giovane che, mentre accetta una paradossale predestinazione figlio di un tipografo, vive nella bulimia del libro, nell'ossessione di scrivere un grande romanzo, di essere a suo modo un "intellettuale" , rifiuta ogni scontata coazione familiare o ideologica: "Non so niente di Gramsci
non so niente di mio nonno
" ("E non ho mai sognato di fare l'amore con mia madre"); e prende a bersaglio, beffardo, i tristi chierici d'accademia o di partito.
Come è giusto, di una rabbia d'ascendenza céliniana, di una viscerale e anarcoide scorrettezza ("Odio i fighetti e i froci senza palle che circolano nel nostro milieu", "E parlano tanto di lotta, di ideologia a buon mercato"), serba traccia la scrittura: che non rifugge dai simulacri dell'oralità informale ("battute da tre soldi"; frequenti evocazioni filmiche: "cinema di merda" e non solo); e accoglie perfino qualche sciatteria gergale: ricercata, ovviamente, quasi fosse il sedimento minerale della lussureggiante erudizione riversata dall'autore nei suoi libri di critica, il negativo della convoluta eleganza argomentativa del saggista.
Fortunatamente, Curreri non è l'ennesimo professore-romanziere; o se lo è, come Walter Siti dismette nel sado-masochismo della scrittura ogni rassicurante, togata distanza; e non si rassegna a "ingollare la pillola del disincanto". Per questo, nella loro idiosincratica esilità di quasi casuale opera prima, i racconti di A ciascuno i suoi morti contribuiscono all'autobiografia di una generazione quella che è diventata adulta nei proverbialmente esecrabili anni ottanta (topos non certo da capovolgere; ma da sfumare forse sì: se musica, cinema e letteratura potevano ancora essere le cifre di un Bildung) più dei troppi, pretenziosi, noiosissimi romanzi a tesi, sfornati oggi dai quarantenni di successo: cui fa precisamente difetto la "sincerità fisica", l'unica capace di approssimarsi a una qualche "verità".
Pierluigi Pellini
L'articolo è stato aggiunto al carrello
L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
Siamo spiacenti si è verificato un errore imprevisto, la preghiamo di riprovare.
Verrai avvisato via email sulle novità di Nome Autore