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Oggi Carmen Pellegrino è una giovane scrittrice di successo. I suoi romanzi ottengono giudizi più che positivi a partire dai blog di cultori di libri fino alle testate giornalistiche più importanti, arrivando a scuotere pareri pressoché concordanti dal punto di vista critico, valutando la sua scrittura come una delle più originali ed emotive degli ultimi anni. All'epoca di '68 Napoletano era una giovanissima studiosa di storie dei movimenti collettivi e si occupava, oltre che nel sociale, delle stesure di saggi storici d'importanza rilevante. Il suo studio sul movimento studentesco, che abbraccia nell'essenziale il triennio tra il '67 e il '69, valuta l'importanza della presa di posizione dei giovani di quegli anni, i quali scendono dagli scranni di spettatori e valorizzano ciò che davvero risalterebbe il loro impatto sociale, a partire da una rivalutazione del sistema studentesco. Da qui la battaglia, combattuta addirittura con la perdita di giovani vite, contro l'abrogazione di sistemi legislativi che risultavano arcaici rispetto a una visione più espansiva delle emergenti classi sociali, partendo appunto dagli studenti. Citando l'autrice: "Si ribellarono e ruppero con gli impacci di tradizioni inventate e poi viziate dall'opportunismo, dal familismo,dal conformismo..." Il movimento fonda le sue radici nell'ambito universitario e si proietta con il suo naturale senso di giustizia garantita equamente, a partire dalle classi più deboli, verso territori ove fino ad allora si erano sempre evitati attacchi diretti, per esempio, all'autoritarismo nelle fabbriche, per il diritto a degli alloggi popolari come priorità per i senzatetto, fino alla scossa di quei sistemi finalizzati a proteggere l'imperialismo dell'Italia che fu e che era ancora. Così partendo da un nucleo ristretto di studenti caparbi nel valorizzare i propri diritti, si arriva a espandere l'aspetto dimostrativo verso altri ambiti, come la magistratura, la classe operaia, la rivalutazione dei meno abbienti.
"Non si accende una lampada per nasconderla poi in un armadio...Quello che vi viene sussurrato in un orecchio gridatelo sui tetti..." Credo sia stato questo slogan, attribuibile a Felice Pignataro, che ha condotto Carmen Pellegrino alla stesura di '68 Napoletano – Lotte studentesche e conflitti sociali tera conservatorismo e utopie. L'autrice per tutto il libro si preoccupa di radicare il movimento degli studenti nella vita dell'ex a Napoli dove sfruttamento, corruzione, malaffare e 'mani sulla città' sono stati il brodo di coltura del '68. Una reazione, più che un evento importato dalle mobilitazioni giovanili internazionali di quell'anno, ma, proprio per questo, più caratteristico e singolare. Una singolarità non impermeabile alle sollecitazioni delle altre esperienze di liberazione ma che ha studiato, elaborato e messo in pratica quanto succedeva in Europa e nel mondo. Il '68 a Napoli è stato un anno di lotte e di risposte creative al degrado, di manifestazioni e aperture di esperimenti didattici tesi all'emancipazione culturale, e dunque umana, della classe operaia, per trasformare in classe lavoratrice quella che è stata definita la 'plebe napoletana'. Un libro che restituisce a Napoli le sue lotte per la casa, per la scuola e l'Università, per l'emancipazione; le sue grida contro l'oscurità e il sonno della ragione.
(continua dal precedente)Nel popolare quartiere di San Lorenzo, al referendum monarchia/repubblica del 2 giugno 1946 la repubblica strappò un misero 16,8%. I consensi straripanti alla monarchia riproponevano un blocco sociale fondato sull'antica promiscuità dei vicoli in cui si affollavano nobili e plebei, insieme avviluppati nelle reti della clientela e della protezione camorristica. Nel 1974, al referendum sul divorzio, il fronte divorzista totalizzò il 56,4%. A San Lorenzo, a Napoli e in tutta Italia fu il risultato più significativo ottenuto dai fermenti innovativi che avevano investito il sistema politico italiano in quegli anni. Poi quei fermenti, man mano che il vento del '68 affievoliva il suo soffio, si stemperarono precipitando in un presente in cui Napoli oggi celebra in Scampia il ripristino delle separatezze e delle chiusure. (...) Non ci sono gli strumenti di «inclusione» con cui lo Stato allarga la sfera della cittadinanza, non ci sono le scuole. Gli scugnizzi che manifestavano per il Vietnam ora pascolano tutto il giorno intorno agli adulti spiandone le mosse per imparare il mestiere, per prepararsi a diventare ggente 'e miezz'a via. Il '68 è finito davvero" (Giovanni De Luna, dalla prefazione al libro '68 napoletano)
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