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Anno edizione: 2020
Anno edizione: 2020
Anno edizione: 2022
Le 60 lingue che uniscono l’Europa è un viaggio senza precedenti tra le storie, le peculiarità, le inaspettate somiglianze delle parlate che ogni giorno possiamo ascoltare in giro per il vecchio continente.
«Attraverso sessanta avvincenti storie, ci racconta tantissimo sull'Europa... Una guida divertente e accessibile» – Financial Times
«Quello di Dorren è un viaggio straordinariamente spassoso per il vecchio continente... splendido» – The Guardian
«La profondità e l'ampiezza della conoscenze di Dorren sono fantastiche» – The Times
Le 60 lingue che uniscono l’Europa è un viaggio senza precedenti tra le storie, le peculiarità, le inaspettate somiglianze delle parlate che ogni giorno possiamo ascoltare in giro per il vecchio continente. Grazie alla trascinante passione di Gaston Dorren attraverseremo così sperduti villaggi tra le montagne della Svizzera dove la lingua franca è il romancio, piccoli comuni italiani dove si parla catalano, greco o croato, e impareremo a orientarci tra i caratteri dell’alfabeto cirillico. Scopriremo perché l’esperanto non prenderà mai piede, perché il finlandese è la lingua più semplice da imparare, o perché i norvegesi scrivono in danese. E partendo dal protoindoeuropeo per arrivare al successo ormai globale dell’inglese, questo libro divertente e ricco di aneddoti cambierà il modo in cui pensiamo alle lingue che ci circondano, e dimostrerà ancora una volta l’importanza e la ricchezza di un patrimonio che corriamo il rischio di perdere per sempre.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Un affascinante viaggio nelle lingue d'Europa, un testo di glottologia semplice semplice, scritto come un romanzo. Ho sempre avuto un conto in sospeso con le lingue.Il fascino che esercitano su di me è grande. Chi sa parlare ha un magnifico potere, chi conosce le lingue possiede il mondo e questo libro apre la porta dell'Europa e del suo pensiero.
È un libro che credevo interessante e ben documentato sulle lingue in uso nei Paesi d’Europa, con annotazioni linguistiche e turistiche sul nostro continente. Poi sono capitato sul capitolo dedicato all’esperanto, e sono rimasto male fin dal sottotitolo: “Senza speranza”. Nel capitoletto dedicato all’esperanto si ritrova un tale accumulo di inesattezze e superficialità da mettere in dubbio il contenuto di tutto il resto del libro. Su tutto regna un anglocentrismo davvero sgradevole, e abbastanza insultante per chiunque sia anglofono per nascita, che viene trattato come un sempliciotto, incapace di affrontare quei piccoli ostacoli che propone lo studio di una qualsiasi lingua. Le inesattezze, comunque, sono tante, e viene seminata in tutto il capitolo l’affermazione che certi aspetti sono improponibili e/o inaffrontabili per gli anglofoni. Se ne dedurrebbe che gli anglofoni abbiano grossi problemi nell’apprendere altre lingue, e che perciò il mondo si stia rassegnando a parlare inglese non tanto per lo strapotere economico degli Stati Uniti, ma per il basso livello culturale e cognitivo che l’autore sembra sottintendere nei 370 milioni di nativi anglofoni (il 4% del totale dell’umanità). A parte il velato sgradevole sarcasmo da senso di superiorità che lo pervade, questo testo pieno di errori di ignoranza dell’argomento mi fa venire dei dubbi sull’intero libro: se la documentazione sull’esperanto è così inesatta, superficiale e incompleta, che valore posso dare a tutto il resto? Quanto posso considerare vero e affidabile quello che mi scrive su, ad esempio, sloveno o islandese, lingue di cui non so nulla e potrei affidarmi a questo libro per iniziare a conoscere? In conclusione, temo non si tratti di un libro serio, con un approccio scientifico/divulgativo, verso la complessa realtà del plurilinguismo europeo, ma piuttosto di uno di quei libri che confermano agli anglofoni i propri pregiudizi su quello strano mondo là fuori che non è nato parlando inglese.
Per appagare le curiosità linguistiche, glottologiche dei non addetti ai lavori, con un approccio divertente.
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