11 luglio 1982. Trent’anni fa. L’Italia è Campione del Mondo. L’eterno Zoff che alza la coppa, i gol definitivi di Paolo Rossi, la gioia pudica di Bearzot, l’estasi del Presidente Sandro Pertini in tribuna al Bernabéu. Si celebra la vittoria di un popolo, contro tutto e tutti. È l’urlo di Tardelli a dirci che finisce un’era e ne comincia un’altra. Siamo stati giovani, siamo stati felici. Per un’intera generazione quel Mondiale è la fotografia di un momento perfetto. Era un’altra Italia, era un altro calcio. Si viveva di certezze: le maglie dall’1 all’11, tutte le partite di domenica, «Scusa Ameri ti interrompo da San Siro», le formazioni recitate a memoria, Tonino Carino da Ascoli e la differita a sorpresa (ma solo di un tempo) prima di cena. Era un calcio più romantico, la poesia aveva cittadinanza nei dribbling. Era un calcio che lavorava per la Storia. Sono passati trent’anni e gli azzurri dell’82 sono un poster che non ingiallisce. La scintilla del ricordo è viva, l’emozione non è finita. Ecco perché ripercorrere le loro vite significa raccontare la nostra storia comune. Per scoprire che è una partita anche questa: con un primo tempo giocato allora e un secondo tempo che - proprio ora e proprio qui – alza il sipario su un nuovo calcio e svela chi e cosa siamo diventati. )
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